«La Legler ha bisogno di sostegno Il concordato l’unica possibilità»
Oltre alle chiusure, la strada delle cessioni. Baroni: depositi chiusi a novembre
Dopo due ore di incontro, l’ultimo a lasciare l’aula è il presidente Roberto Baroni, 63 anni, commercialista. La sua storia non è tanto diversa da quella della maggior parte dei soci e dipendenti Legler. Ci lavorava suo padre, nella cooperativa, e la famiglia viveva sopra il negozio di Ponte San Pietro. In una fase in cui sono i numeri a contare ed è su quelli che bisogna forzatamente tenere la testa, persino per lui è difficile trascendere dalla dimensione più umana di questa crisi. «È stata una parte della mia vita, la Legler», si lascia andare.
Come era stato per Italcementi, anche per la storica cooperativa in preconcordato il presidente della Provincia Matteo Rossi ha voluto mettere tutti intorno a un tavolo. In via Tasso, ieri, c’erano sindacati, Confcooperative, associazioni dei consumatori e i sindaci di Seriate, Cristian Vezzoli, e di Ponte, Marzio Zirafa. C’era anche il commissario giudiziale Giacomo Giavazzi: «Nessuno oggi può sapere se il concordato reggerà — dichiara —, bisogna attendere il piano industriale». La coop punta a rispettare la data dell’8 giugno. «Va dato atto alla Legler — aggiunge Giavazzi — di avere scelto l’unica strada possibile per il salvataggio e di averlo fatto affidandosi a professionisti seri». Sono il commercialista Federico Clemente e gli avvocati Dario Donadoni e Claudio Maroncelli. Tutti presenti. Oggi sarà aperta la procedura di licenziamento collettivo per 62 persone su 151. I sindacati chiedono di ridurle, «ma per ora non siamo in grado di dire se sarà possibile», dice Baroni. Tutti perderanno lo stipendio di gennaio e i primi 8 giorni di febbraio, ma l’azienda si impegna a versare un acconto «non simbolico» su questo mese. La procedura congela anche il pagamento delle ferie: «La legge non è così chiara, approfondiremo», è di nuovo Baroni. Capitolo soci prestatori, 800 su 25 mila. «I versamenti sono stati bloccati il 28 novembre — chiarisce il presidente — e l’iscrizione di nuovi soci a gennaio 2016, anche prima del cambio di normativa (del 2017,
ndr). So che qualcuno sostiene di avere depositato a gennaio, ma deve esserci un malinteso o un disguido». Fino al 3 gennaio sono stati invece effettuati rimborsi. Possibile che i soci fossero così poco informati? «Sono presidente dal 2012 e a ogni occasione ho sempre raccomandato di partecipare alle assemblee». Inutilmente. I pilastri del futuro piano sono quelli ricordati da Clemente: la chiusura dei 5 negozi in perdita, i tagli sul personale e la dismissione «di un patrimonio immobilitare importante, perché — puntualizza — i soldi dei soci sono stati investiti, non bruciati». E poi l’eventuale cessione di punti vendita: «Se si presentasse un soggetto interessato, può essere un’opportunità». Sui market si procede con Unes, sul tessile sarà svecchiata l’offerta. «Oggi — conclude Clemente — serve una parola di sostegno, banalmente dire ai soci di continuare a fare la spesa. La società ha fatto di tutto per evitare questo passo doloroso, ma era seriamente l’unico possibile».