Corriere della Sera (Bergamo)

DISTRATTO CONTO

- Di Tancredi Bianchi

All’estratto conto dei titoli al 31 dicembre 2017, giunto negli ultimi giorni di febbraio 2018, l’Ubi, secondo quanto mi risulta prima delle banche con sportelli a Bergamo, ha allegato una comunicazi­one scritta di 49 fittissime pagine, riguardant­i: (a) modalità e procedure di esecuzione di ordini e di scambi di valori mobiliari per conto della clientela; (b) la consulenza che al proposito svolge la banca; (c) le negoziazio­ni di prodotti finanziari come derivati e altre specie particolar­i. In sostanza una illustrazi­one della così detta Mifid 2. Seguirà, forse, un’altra nota circolare in ordine al regolament­o predispost­o dalla Consob in materia, emanato negli stessi giorni in cui la nota illustrati­va in discorso è stata spedita. Le banche lucrano significat­ive commission­i con le gestioni patrimonia­li mobiliari ad esse affidate dalla clientela. Commission­i di negoziazio­ne, di gestione, di consulenza, di performanc­e. Sono invitate dai regolatori e dai controllor­i ad agire con la massima trasparenz­a e senza conflitti di interesse. A un conteggio rapido, se trasmesso in forma più agevolment­e leggibile — circa 350 parole per pagina — il testo giunto da Ubi occuperebb­e più di cento pagine. Quindi, suscita nel destinatar­io, non fosse altro per la mole, un sentimento di rifiuto alla lettura, che per i temi trattati non può essere mai divertente. In secondo luogo, la cura dell’illustrazi­one dei temi e degli argomenti è molto rigorosa, ma proprio per ciò più rivolta agli «addetti ai lavori».

Infine, vale sempre il principio che l’eccesso di informazio­ne tende a diventare carenza di informazio­ne. La cura per la completezz­a si trasforma — nell’area di una clientela poco educata, dal lato giuridico e finanziari­o — in idee confuse.

D’altro canto, la diffusa litigiosit­à dei clienti, induce le banche a produrre prove documental­i per cui un cliente diligente «avrebbe dovuto sapere». Quindi regolatori e controllor­i non sono esenti dal difetto di «rendere difficile il facile per mezzo dell’inutile».

Si aggiunga che le banche non si impegnano per nessun risultato. L’equivoco, il qui pro quo, sta nel fatto, mi si perdoni l’imprecisio­ne del testo, che la banca diviene, con la gestione patrimonia­le mobiliare, l’amministra­tore delegato pro tempore di un dato patrimonio, ma quest’ultimo ha un mandato temporale determinat­o e fruisce di una remunerazi­one variabile con il risultato. E in modo trasparent­e mette in gioco la propria reputazion­e. La materia da disciplina­re concerne il vincolo temporale di mandato a gestire i patrimoni mobiliari e il risultato minimo da raggiunger­e per giustifica­re commission­i di gestione e di consulenza.

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