Spiava le mail dei colleghi «Risarcisca 450 mila euro»
Nembro, il pm: 15 mesi per la dipendente La difesa: ha ammesso, sistema non sicuro
Ragioniera, ora in biblioteca a Nembro, è a processo perché accusata di essere entrata abusivamente nel sistema informatico del Comune e di avere diffuso le mail dei colleghi, che ora chiedono 450 mila euro di danni. Lei ha ammesso l’accesso, legato a una denuncia per stalking (archiviata), ma non la diffusione delle mail.
In quel periodo i colleghi devono essersi guardati con sospetto ed essersi chiesti a vicenda: «Io non sono stato, tu?». Circolavano documenti del Comune di Nembro dai loro indirizzi di posta elettronica accessibili con password, ma non li avevano spediti.
Era il 2011, partirono delle denunce contro ignoti e il 20 agosto la polizia postale suonò al campanello di Giuseppina Tombini, 53 anni, di Ranica. Era lei, dal suo computer di casa, ad entrare nelle mail. L’ha ammesso, voleva procurarsi i documenti da allegare ad una denuncia per stalking (archiviata dopo quattro anni) a carico di due colleghi e dell’allora sindaco Eugenio Cavagnis. Nega, però, di aver fatto circolare gli atti. Ragioniera, in Comune dal 1986, ora in biblioteca, ha promosso una causa di lavoro (pendente) ed è sottoposta a un procedimento disciplinare congelato in attesa della sentenza, il 6 marzo.
Questa è una spy story con uno sfondo politico. L’avvocato di 5 parti civili, Andrea Magnaghi, ha citato messaggi su blog con il nick name vuvuzela (la trombetta dei mondiali), file intitolati «Pinocchio» e «Servo del Pd» e una nota inviata alla minoranza. L’imputata aveva chiesto l’anonimato, segnalava l’assunzione della moglie del sindaco di Morengo: «Posso fornire tutta documentazione», scriveva. La moglie è Rosangela Moleri, una delle parti civili oltre a Danilo Zendra che come lei si è dimesso. Le altre tre sono Riccardo Pietta, responsabile del settore Cultura e biblioteca
Lo stalking L’imputata denunciò il sindaco e due colleghi ma il fascicolo è stato archiviato
(quindi anche della Tombini), suo fratello Renato e sua moglie Silvia Zanoni che lavora per il Comune di Albino. Hanno chiesto in tutto 450.000 euro di danni. Il Comune, con l’avvocato Marco Zambelli, ne ha chiesti 70.000. All’imputata viene contestato l’accesso al sistema informatico del Comune, alle mail delle parti civili oltre che degli amministratori, e la divulgazione del contenuto. Con l’aggravante di averlo fatto come dipendente, violando un sistema di interesse pubblico. L’avvocato Magnaghi ha parlato di «monitoraggio constante» e «alluvionante quantità di documenti», «migliaia».
Il dubbio era sorto dopo che all’allora sindaco arrivò un messaggio di errore di invio di una mail che non aveva mai inviato. Un falso problema, secondo l’avvocato dell’imputata Enrico Pelillo. «L’errore di invio arriva dal server, non dalla casella del destinatario».
Al netto della confessione, a suo dire il problema è che «il Comune non aveva un sistema di protezione informatica» e che le password «non venivano cambiate dal 2005». Ha chiesto l’assoluzione «perché il fatto non sussiste». La dipendente non aveva accesso a dati segreti, quindi non c’è l’aggravante. Conta, perché così la pena è da 1 a 5 anni, non da 3 a 8. I due dimissionari — è sempre la difesa — non hanno diritto al risarcimento perché hanno lasciato il posto per altri motivi. Per gli altri c’è un problema di tempi della querela e di estraneità al Comune di Nembro. Nel computer dell’imputata, inoltre, «non c’era traccia dei volantini anonimi circolati. A lei non interessava la politica, interessava mantenere il posto senza finire nel seminterrato come è successo per nove mesi».