Giordana al Capitol «La mia lotta contro le molestie»
Il regista Giordana ospite al cinema Capitol «Così denuncio le molestie sul posto di lavoro»
Paradosso «Non c’è solidarietà ma ostilità, per chi denuncia e rompe il sistema di complicità»
Cinema Anteo. In proiezione la prima del film «Nome di donna». «La sala è piena» dice, mentre fuma di nascosto una sigaretta. «Ho smesso di fumare quattro anni fa e questa ha il sapore della trasgressione assoluta, ma è per stemperare lo stress. L’uscita del film per un regista è come la prima per un attore». Marco Tullio Giordana è emozionato. L’8 marzo è uscito il suo nuovo lavoro, in visione stasera alle 20.30 al Capitol. Dopo la proiezione Giordana sarà in sala per rispondere alle domande del pubblico. La data di uscita, coincidente con il Giorno della donna, non è casuale. Il film racconta la storia di Nina, che decide di denunciare gli abusi subiti dal direttore della clinica per anziani in cui lavora. «È una giornata di festa e lotta — continua l’artista —. Esiste ancora una mentalità arretrata verso le donne. Per fortuna ho ricevuto un’educazione familiare con figure femminili molto presenti e importanti. Da subito ne ho capito il valore. Non è per fare il femminista, ma sapendolo, lo testimonio con il mio lavoro».
In «Nome di donna», titolo che indica il nome di una testimone, utile per convalidare la denuncia di Nina, e il nome dell’inchiesta, si rintraccia «quello di qualsiasi donna che ha subìto violenza, molestie o è stata trattata con quel paternalismo detestabile», continua il regista. La protagonista, interpretata da Cristiana Capotondi, si trasferisce con la figlia in un piccolo paese della Lombardia, dove trova lavoro in una residenza per anziani facoltosi. La quiete ritrovata è interrotta dalle avance e dall’abuso di potere del direttore della struttura. Decisa a denunciarlo, Nina deve fare i conti con l’omertà delle colleghe e la prepotenza di un sistema amministrativo conservatore e dispotico. «Ho deciso di girare questo film colpito dalla sceneggiatura, che descricaso ve con molta finezza quanto succede dopo le denunce per molestie: non c’è una solidarietà automatica, ma ostilità verso chi denuncia, perché smuove le acque e rompe il sistema di complicità — continua —. Con il film comunico quanto sia indispensabile che ci sia qualcuno che abbia coraggio». Dopo il Weinstein parlare di abuso sul lavoro è ancora più attuale. «Questo tema esiste da anni, ma mai nessuno lo ha raccontato con chiarezza — conclude —. Ho deciso di farlo per la bella sceneggiatura e perché sono del segno della bilancia, che ha un debole per la giustizia e l’equilibrio. Sin da piccolo mi ribello all’ingiusto e condivido la situazione di chi non accetta lo status quo. I miei film non cambieranno il mondo, ma lasciano dei piccoli segni, che aiutano a costruire una coscienza».