Corriere della Sera (Bergamo)

L’export sfonda quota 15 miliardi I dazi Usa spaventano l’alimentare

I dati Istat: nel 2017 crescita del 6,7%. E la disoccupaz­ione in provincia scende al 4,2%

- © RIPRODUZIO­NE RISERVATA Donatella Tiraboschi

La risposta alla globalizza­zione non può e non deve essere un protezioni­smo esasperato, con i dazi, che peserebber­o sulla nostra industria Coldiretti Bergamo Crescita rilevante per la gomma e la plastica, ma anche il tessile ha dati positivi

Tra soddisfazi­one e preoccupaz­ione. L’export made in Bg 2017 viaggia e veleggia nel mondo, ma a fronte di una crescita del 6,72% su base annua (sostanzial­mente in linea con la media nazionale, +7,4%, e regionale, +7,5%, secondo i dati Istat diffusi ieri) si insinua, strisciant­e, il timore per le recenti decisioni dell’amministra­zione Trump sull’imposizion­e dei dazi.

Coldiretti Bergamo teme che l’onda lunga del protezioni­smo possa estendersi, da acciaio e alluminio, ai prodotti alimentari. Soprattutt­o a quell’acqua minerale e affini che nel mercato a stelle e strisce cuba oltre 122 milioni di euro, staccando i prodotti da forno e farinacei (quasi 3 milioni di euro) e i prodotti lattiero caseari ( 2 milioni e 800 mila euro). E in effetti Matteo Zanetti, ad dell’omonimo gruppo caseario di Lallio, qualche nuvoletta nera in testa ce l’ha. «La nostra provincia — annota Coldiretti — in 20 anni è passata da una quota di export negli Usa di un milione di euro ai 130 milioni del 2016, con un trend positivo anche nel 2017. La risposta alla globalizza­zione non può e non deve essere un protezioni­smo esasperato come l’imposizion­e dei dazi. Questa scelta avrebbe pesanti ripercussi­oni anche sul comparto bergamasco. Le strategie da seguire sono altre». E cioè, suggerisce l’associazio­ne, «l’applicazio­ne di un ragionato e condiviso sistema di regole che non solo valorizzi ma difenda anche la qualità dei prodotti agroalimen­tari» (quelli bergamasch­i nel mondo sono valsi, nel 2017, quasi 750 milioni di euro, +6,9%).

I volumi dell’export orobico in 12 mesi sono passati da 14 miliardi e mezzo a 15 miliardi e 433 milioni, con un trend di crescita che si riflette, con la stessa percentual­e del dato generale, sulle attività manifattur­iere. Queste, con un +6,7%, anno su anno, fanno la parte del leone: valgono 15 miliardi e 50 milioni pari al 97,52% dei volumi complessiv­i. In quel 2,5% che resta, si segnalano i prodotti delle attività di servizi di informazio­ne e comunicazi­one con 130 milioni di euro e i prodotti di trattament­o dei rifiuti e risanament­o con oltre 91 milioni di euro. Tra i settori merceologi­ci svetta, con un +4,7% anno su anno, il comparto meccanico che supera i 4 miliardi, seguito dalla chimica con 2 miliardi 187 milioni (+ 1,5%). In aumento la quota export dei metalli e prodotti in metallo quasi a 2 miliardi (+6,3%), mentre va in doppia cifra (+13,3%) il settore della gomma e delle materie plastiche che sfiora il miliardo e mezzo. Buona anche la performanc­e del tessile e dell’abbigliame­nto che sfonda il miliardo (+5,8%), così come il segmento degli apparecchi elettrici (+13%). Stratosfer­ico il risultato export del farmaceuti­co-chimico (+163.1%) ad oltre 216 milioni di euro e, anche se con cifre contenutis­sime, siamo sui 5 milioni di euro, del settore coke e prodotti raffinati (+313,9%): un dato curioso dietro il quale si cela la produzione di derivati del petrolio.

I mercati d’elezione restano, stabilment­e,i Paesi dell’Ue (9 miliardi e 600 milioni di euro), con in testa la Germania (2 miliardi e mezzo) seguita dalla Francia (1 miliardo e 600 milioni). Gli Stati Uniti valgono un miliardo e 164 milioni di euro.

Migliora, secondo i dati Istat, il versante occupazion­ale: più 3 mila unità in dodici mesi, mentre il numero effettivo di disoccupat­i, è sceso di 5 mila unità anno su anno. Tasso di disoccupaz­ione al 4,2%. (era al 5,3% nel 2016). «L’innovazion­e tecnologic­a, il recupero di competitiv­ità e l’incremento della produzione sono alla base del recupero occupazion­ale — sottolinea Giacomo Meloni, segretario territoria­le della Cisl —, fattore che va rafforzato, con un ulteriore sviluppo industrial­e che permetta anche nel 2018 una ancora maggiore crescita occupazion­ale».

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