Come Jannacci e Gaber
Creberg Ale, Franz e le origini artistiche influenzate da due grandi della canzone
Se non fossero esistiti Enzo Jannacci e Giorgio Gaber, difficilmente ci sarebbero oggi Ale e Franz. Il duo riscopre le proprie origini artistiche, attraverso i punti fermi che più li hanno condizionati in una surreale Milano di allora, nello spettacolo della maturità, «Nel nostro piccolo», venerdì alle 21, al Creberg di Bergamo. Per preparare lo show, la coppia ha messo mano a vecchie gag, riscrivendole o restaurandole e si è impegnata a cantare.
I due cantautori
«Rivedendoci agli inizi ci siamo trovati molto in sintonia con i due grandi cantautori, abbiamo cercato di immaginare storie parallele, quello che ci poteva essere prima, il prologo, e il dopo o epilogo ai loro brani — afferma Ale, all’anagrafe Alessandro Besentini —. Cantiamo, più che con la voce, con il cuore, mettendoci tutta la nostra buona volontà». Il risultato è musica mescolata a recitazione, ossia il teatro canzone. Poco trapela di quanto si ascolterà sul palco. Ma si sa che non mancherà «La ballata del Cerruti Gino» che ha per protagonista un ragazzo del Giambellino che finisce in galera dopo aver tentato di rubare una Lambretta. «È un pezzo attuale perché con la crisi è aumentata la povertà ed è tornato quel clima — afferma Ale —. Poi rifaremo “El purtava i scarp del tennis” e avremo l’onore di intonarla insieme allo stesso Enzo grazie a una preziosa traccia con la sua voce pulita che ci ha fornito suo figlio Paolo».
«Basta panchina»
Cresciuti nella stessa scuola di Paolo Rossi e Cochi e Renato, nel nuovo tour il duo sarà orfano della panchina che l’ha lanciato. «Ma sarà il meglio del meglio, il pubblico non ne sentirà la nostalgia», precisa Ale. Resterà il filone noir, anche questo sulla scia dei Gufi, tanto da entrare in scena in una banda a un funerale. «Gli stessi gangster Gin e Fizz sono un po’ figli della mala — sorride l’attore —. La comicità è nata al Derby, uno dei pochi club che rimaneva aperto fino a tardi, tanto da essere frequentato da Turatello, Vallanzasca, Epaminonda, c’era una certa mescolanza tra la Milano da bere e quella della mala». Besentini e Francesco Villa si sono conosciuti frequentando il Centro Teatro Attivo di Milano, nel 1994 hanno iniziato a collaborare, cinque anni dopo erano a «Zelig».
«Ridere è importante»
Prima Franz, che è ragioniere, lavorava nel sociale, mentre Ale era animatore nei dopo scuola, oltre a essere stato meccanico in officina e operaio. «Abbiamo cominciato da giovanissimi e siamo riusciti a campare con questo mestiere — aggiunge Ale —. Per noi ridere è importante, ancor di più nelle difficoltà. Non a caso le migliori commedie nascono da un dramma, come “La grande guerra” con Sordi e Gassman o “I soliti ignoti” con lo stesso mattatore e Mastroianni, così è la vita: nasciamo da una sofferenza enorme e sappiamo di dover morire, non ci resta che ironizzarci sopra vivendo». C’è una massima di Jannacci che ama in particolare? «In “Parlare con i limoni” cantava: “Verrà il giorno che spariranno tutti i i rompicoglioni”, c’è una parolaccia, ma la pronunciava con poesia e speranza che, a quell’utopia, ci credo pure io».
«Ridere sempre, ancor di più nelle difficoltà: le migliori commedie nascono da drammi»