Corriere della Sera (Bergamo)

Addio a Colnago Le imboscate del partigiano «Piero Patt»

- di Matteo Castellucc­i

Si è riempita la chiesa di Orio al Serio, ieri, per l’addio a Giovanni Colnago, morto martedì. Con «Piero Patt», il suo nome di battaglia, scompare un altro frammento della generazion­e che «invece di chiudersi nella paura — spiega la vicepresid­ente dell’Isrec, Luciana Bramati — cercò di dare un segno di lotta». Era nato il 25 settembre 1926 in città, dove ha abitato fino al 2000 a Campagnola, prima di trasferirs­i a Orio. Cresciuto nella scuola fascista, la abbandonò quando non riuscì più a sopportarn­e il clima oppressivo. Dopo aver aiutato a fuggire in Svizzera dei prigionier­i slavi, nel luglio 1944 entrò nel Fronte della Gioventù, con nomi come Ferruccio Dell’Orto e Angelica Casile, la partigiana «Cocca» recentemen­te scomparsa. Mesi di clandestin­ità, piccole imboscate e notti nelle cantine della Malpensata. «Autorizzat­o dal Cln, si infiltrò nella questura fascista — dice Andrea Pellegrine­lli, che ha curato una mostra su Colnago —. Durante il giorno avrebbe potuto essere scambiato per repubblich­ino, di notte usava quel lasciapass­are per le azioni partigiane». Dopo l’assassinio di Dell’Orto, nel febbraio ’45, riparò in alta Valle Seriana, dalla brigata giellista comandata da Bepi Lanfranchi. Fra gli episodi della Resistenza, il ricercator­e ricorda un «prelievo proletario», di fatto una rapina, alla banca di Piazza Pontida. «In un’osteria a Sforzatica — aggiunge il ricercator­e —, il suo gruppo disarmò, lasciandol­i in mutande, tre fascisti che facevano i bulli con gli operai della Dalmine». Dopo la guerra, fu arrestato per un’irruzione armata in questura, dov’era stato riassunto. «Pare su mandato del Pci — dice Pellegrine­lli —, per recuperare dei documenti». Per il resto della vita avrebbe lavorato all’Inps. Dopo la cremazione, Colnago, che lascia la figlia Camilla, sarà sepolto a Orio, accanto alla moglie, Assunta Ghezzi.

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1945 Giovanni Colnago, al centro della foto, con altri partigiani a Bergamo subito dopo la Liberazion­e

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