Quattro vecchietti e un cimitero «Amore» che vive oltre la morte
Un cimitero. Due tombe a due piazze, ciascuna letto per due coppie: una di vecchietti, l’altra di pompieri. In un posto legato alla morte questi quattro personaggi parlano di «Amore», titolo della pièce della Compagnia Scimone Sframeli, in scena domani alle 21 al Sociale, per Altri Percorsi. «L’amore è universale e se ne parla da sempre, da quando c’è vita, perché è vita, anche se ambientiamo lo spettacolo in un cimitero», spiega il drammaturgo Spiro Scimone, nonché attore nella parte del vecchietto, mentre il regista Francesco Sframeli interpreta uno dei pompieri omossessuali.
Sul palcoscenico stanno quattro persone anziane: sanno di essere alla fine della loro esistenza, ma è l’amore ad accompagnarle in questo ultimo momento. «Le coppie non parlano solo di amore e vecchiaia, ma attraverso i ricordi anche dell’amore di gioventù e di quello che non hanno vissuto sino in fondo per diversi problemi, a volte anche per la paura di amare. E questo si percepisce di più nella coppia omossessuale del comandante e del pompiere, che in vita non hanno mostrato apertamente il loro sentimento», prosegue Scimone. L’ambientazione sembra voler mostrare gli scheletri di vite tenute nas cos te. « C’è anche quest’aspetto — dice Scimone —. Il teatro stimola a delle riflessioni e a volte i pensieri dello spettatore vanno oltre la volontà del regista». La narrazione è calata in un cimitero per «mettere insieme il doppio, trovare elementi di contatto tra opposti, in questo caso la vita e la morte, il dramma e l’ironia, l’eterosessuale e l’omosessuale, che si trovano e si mettono insieme, perché essere diverso è una ricchezza per l’umanità non un problema — continua l’attore —. Il problema non è amarsi, ma avere paura di amare, a volte a causa di pregiudizi altrui». Nello spettacolo «c’è un gioco teatrale che oltrepassa il reale. Si osserva la realtà quotidiana, ma attraverso l’arte della recitazione, che ricreare rapporti, la necessità di comunicare, anche con il silenzio, e di ricordare», prosegue il drammaturgo. Per la prima volta nella storia teatrale della compagnia c’è una donna, Giulia Weber, nei panni della vecchietta. «Si sentiva l’esigenza di avere una donna, perché nello spettacolo si doveva sentire una musicalità femminile — conclude —. Il testo si chiama Amore, ma l’unico personaggio che dice la parola “amore” è la donna. Perché? Perché è lei che dà vita all’amore, lo genera, lo porta avanti e lo fa vivere non solo nella pancia».