La divina Ullmann: «Così ho sostenuto Olmi a Cannes»
«Il retroscena sulla Palma d’oro a Olmi e il mio amore per Bergman»
La vita di Liv Ullmann è fatta di coincidenze, le stesse che l’hanno portata in città. All’interprete prediletta e compagna di Ingmar Bergman è dedicata la retrospettiva del Bergamo film meeting. Oggi, alle 19, incontrerà il pubblico al bookshop in piazza della Libertà, mentre alle 22.30 presenterà in auditorium «Persona». Domani, alle 17, presenzierà alla visita alla mostra fotografica «Liv & Ingmar» nella sala alla Porta Sant’Agostino e alle 22.45 sarà alla proiezione di «L’infedele».
Signora Ullmann, come l’hanno convinta a partecipare al Bfm?
«Quest’anno sapevo che avrei girato parecchio, finché mi sono resa conto di aver ricevuto inviti da 25 Paesi, inclusi Siria, Turchia, Russia. Quando ho letto la lettera arrivata da Bergamo sono rimasta colpita, c’era così tanto amore per la città che me ne sono innamorata pure io. Ma credo che a chiamarmi sia stato “L’albero degli zoccoli”. Nel 1978 ero nella giuria, presieduta da Alan J. Pakula, che ha premiato il film con la Palma d’oro. Sono stata la sua grande sostenitrice. Ho amato moltissimo quei luoghi, è come se il mio fosse un ritorno a Bergamo». Perché rimase colpita dalla pellicola di Olmi?
«I personaggi non erano supereroi, ma persone reali con animo, necessità e quotidianità in cui tutti possono immedesimarsi».
Lei inizia a recitare a 17 anni, dopo aver abbandonato gli studi. Come reagirono i
genitori?
«Papà morì che avevo 6 anni. Per la famiglia di mia mamma, che era molto religiosa, è stato uno choc. Si ricredettero quando sono diventata famosa, con le candidature all’Oscar».
Nel 1965 avvenne l’incontro con Bergman: colpito da una sua foto con Bibi Andersson, scritturò entrambi per girare «Persona». Come le ha cambiato la vita?
«Per i miei parenti ci volle tempo perché accettassero le mie scelte: ero sposata, ho divorziato, ho avuto una figlia con Ingmar fuori dal matrimonio. Lui mi aveva dato un’enorme fiducia e, finita la passione, è iniziata una grandissima storia d’amicizia».
I film del regista svedese sono cupi e introspettivi. Com’era nel privato? «Caloroso, generoso, infantile.
Era un ottimo ascoltatore e ti sapeva osservare come in pochi sanno fare. Gli piaceva leggere e passeggiare». Sembra che i suoi personaggi siano la stessa donna.
«Direi piuttosto che ero sempre lui, incarnavo le sue parole. Non sono una caratterista, né indosso una maschera. Se penso al monologo di 7 minuti nella “Passione”, leggendo il copione credevo che Anna dicesse la verità. Recitando, mi sono resa conto di no e sono arrossita, non era previsto».
Ha vissuto a New York e a Roma, quale città preferisce?
«New York mi piaceva prima di Trump. Di Roma ho ricordi meravigliosi, ho trascorso una vacanza romantica con Ingmar nel 1967».
Giurata Ero in giuria al festival di Cannes nel 1978 e ho sostenuto con forza l’Albero degli zoccoli di Olmi Sostegno Per recitare lasciai gli studi. La mia famiglia non accettò la scelta fino a quando mi candidarono all’Oscar