Fuoco al negozio da inaugurare Il procuratore: metodi allarmanti
Parking incendiati, il procuratore: in generale oggi colpisce la sproporzione tra danno e profitto
«Reati-spia di metodi mafiosi»: così il procuratore della Repubblica Walter Mapelli definisce gli incendi dolosi (l’ultimo a Romano, in un negozio ancora da inaugurare), le estorsioni e i danneggiamenti emersi nelle ultime settimane. Secondo Mapelli «ci sono episodi allarmanti ma ritengo siano isolati». Anche per le caratteristiche della Bergamasca: molti Comuni piccoli e spina dorsale economica basata sulla manifattura, elementi che «meno si prestano alle infiltrazioni». Colpisce però «la sproporzione tra il danno e il profitto: la malavita di una volta era più attenta al calcolo tra costi e benefici».
Procuratore alla conferenza Walter stampa Mapelli, sugli arresti per i roghi nei parcheggi privati vicino all’aeroporto di Orio, ha parlato di fatti che siamo “abituati a vedere in altre parti d’Italia”. Intendeva dire che sono metodi mafiosi?
«Gli incendi dolosi, le estorsioni, sono reati spia di metodi mafiosi, lo dice la Distrettuale antimafia».
In questo caso, è emerso un asse Bergamo-Napoli. Che significato dà?
«Siamo abituati a ragionare in termini di prove, oltre che di buon senso. Non abbiamo evidenze che queste persone siano inserite in un contesto camorristico».
Ma, per metodo, non si tratta nemmeno di episodi di criminalità comune.
«Possiamo parlare di tre livelli di azione: l’intimidazione in solitaria o con un aiutante, quella appaltata all’esterno, quella del gruppo. Siamo al secondo livello, che non è il terzo ma è comunque allarmante».
Se sarà confermata l’ipotesi investigativa, a Grassobbio vive una persona che tramite il cugino di Napoli ha reclutato tre ucraini disposti ad appiccare roghi per 750 euro.
«Significa che è stato necessario prendere la manodopera altrove. Se da un lato questo aspetto è certamente allarmante, dall’altro mi fa pensare che il tessuto bergamasco abbia retto. Certo, bisogna capire se le persone sono state reclutate altrove per una questione di costi o perché qui non ne sono state trovate di disponibili».
Nel metodo, i due roghi non sono un episodio isolato. Nel 2012, altre auto furono incendiate nei parcheggi privati a Orio e una persona venne gambizzata. In Bergamasca, inoltre, vivono persone coinvolte in indagini per mafia. Come legge questi dati nel complesso? «È vero, ci sono dei fatti e dei personaggi preoccupanti
ma allo stato delle evidenze ritengo siano isolati. Non credo alla ‘ndrina della Val di Scalve. È una questione di territorio: quello bergamasco è caratterizzato da un alto numero di Comuni ma con una popolazione contenuta. Solo sette hanno più di 10.000 abitanti». Questo cosa comporta?
«È una questione di affari. Di solito le infiltrazioni mafiose iniziano con una persona che arriva in un territorio dove, se manca il controllo e se c’è la giusta prospettiva di sviluppo economico, si porta anche gli affiliati. È successo in Brianza, per esempio, dove un radicamento c’è». Lo sviluppo economico
della Bergamasca è contenuto?
«Più che altro è una questione di vocazione economica. La spina dorsale di quella bergamasca è la manifattura, che meno si presta alle infiltrazioni rispetto, per esempio, al commercio». La sintesi è che siamo distanti da una presenza mafiosa
davvero radicata, nonostante certi personaggi.
«È questa la lettura del territorio. Qui colpisce un’altra caratteristica degli episodi delittuosi, anche se si tratta di vicende di livelli diversi». Cioè?
«La sproporzione tra il danno e il profitto. Si spaccano vetrate per portar via 50 centesimi
o per un bottino di abiti firmati. Anche nella vicenda dei parcheggi sono state danneggiate 50 automobili per 750 euro di compenso e, dal punto di vista del presunto mandante, per un maggiore profitto della sua attività che nemmeno è certo». Preoccupa di più se non sono dei professionisti?
«La malavita di una volta era più attenta al calcolo tra costi e benefici. Magari andava a fare le rapine con il kalashnikov, ma lo utilizzava solo in caso di estrema necessità. Ora c’è un’assoluta indifferenza per i danni che si provocano agli altri pur di raggiungere il proprio profitto».
Nell’indagine sui roghi colpisce che una persona con 5 condanne sia stata amministratore unico di una società.
«La legge lo vieta a chi ha commesso reati ai danni delle imprese. Altrimenti sarebbe un limite alla riabilitazione sociale». Lo ritiene giusto?
«Questa è la legge, bisognerebbe forse lasciare al giudice maggiore discrezionalità. Ma se una persona vuole delinquere, aggirerà l’ostacolo mettendo a capo dell’impresa una testa di legno».
Possiamo parlare di tre livelli di azione: l’intimidazione in solitaria o con un aiutante, quella appaltata all’esterno, quella del gruppo. Nel caso di questi parcheggi di Orio siamo al secondo livello, che non è il terzo ma è comunque allarmante. Sul nostro territorio soltanto casi isolati Walter Mapelli procuratore
Il tessuto economico Il settore manifatturiero si presta di meno a infiltrazioni mafiose
La vecchia malavita Era più attenta al calcolo tra costi e benefici. Oggi l’indifferenza è totale