«Racconto la società austriaca rimasta ai tempi di Maria Teresa»
È regista, sceneggiatrice e produttrice. Nel 1999 ha fondato la società di produzione Coop99, ma «preferirei concentrarmi solo sulla regia, per avere un approccio emotivo con le storie e l’immaginazione, piuttosto che pensare a fondi da reperire, contratti da chiudere...». A parlare è l’austriaca Barbara Albert, protagonista dell’incontro con l’autore e di cui oggi, alle 11.30, sarà proiettato «Nordrand», racconto delle speranze e delusioni di cinque giovani immigrati in fuga dalla vecchia Europa. Come protagoniste Jasmin e Tamara.
Perché «i miei film sono sulle donne e sull’emancipazione femminile — spiega —. Ma parlo anche della condizione maschile, che riceve pressione dalla società, tanto che gli uomini si mostrano come galli che devono avere successo, essere competitivi. Dai tempi dell’imperatrice Maria Teresa la società austriaca è intrisa di gerarchia, sente la necessità di avere un dittatore che le dica cosa fare, perché si sente in posizione di inferiorità». Un’altra componente della sua filmografia è la Storia. In «Somewhere else» recupera la devastazione della guerra di Sarajevo, in «Die Lebenden» quella del nazismo, attraverso la storia del nonno, ex SS, in «Mademoiselle Paradis» mostra la Vienna del Settecento attraverso la giovane cieca Maria Theresia Paradis, detta Resi, pianista di talento che sceglie la musica per mantenersi libera dalle pressioni e maschilismo del tempo. Benché storia ambientata nel passato, per Albert non è diversa dai film precedenti, che parlano di presente, perché «sono sempre centrali i personaggi, temi universali e perché il passato ha determinato la società d’oggi — dice —. Però quest’ultimo film è scritto da un’altra sceneggiatrice, il che mi ha permesso di essere più libera nella regia». In testa diversi progetti, tra cui un paio di film, con la consapevolezza che è più difficile produrli per mancanza di denaro, bisogno di una nuova strategia di protezione del cinema e di idee nuove, ma «da un paio di anni il mondo cambia velocemente — conclude —. L’Unione Europea rischia di dividersi ed è difficile trovare la giusta storia, capace di raccontare questo momento, con le sue domande».