Corriere della Sera (Bergamo)

«Per la porchetta va prosciolto» In arrivo altri guai

La Cassazione conferma il verdetto per l’architetto di Verdellino, che adesso dovrà tornare in carcere

- G.U.

Nel 2015 Claudio Galimberti, il capo della Curva Nord (foto), aveva portato una testa di porchetta a due poliziotti fuori dallo stadio. Lo stesso anno aveva anche minacciato l’allora dirigente della Digos ed era finito sotto inchiesta per ingiuria. Il pm ora chiede l’archiviazi­one.

Fabio Bertola ha atteso a casa, a Verdellino, la decisione della Cassazione. Gliel’hanno comunicata i suoi avvocati Anna Marinelli e Riccardo Tropea, insieme: la Suprema Corte di Roma ha respinto il ricorso della difesa. Per l’architetto di 49 anni, una moglie e una figlia, significa la conferma della condanna all’ergastolo. È lui, hanno deciso i giudici, il mandante dell’omicidio di Roberto Puppo, 42 anni, di Osio Sotto, il 24 novembre 2010 in Brasile. Ora la sentenza è definitiva e andrà in carcere.

Bertola c’era stato per sette mesi, dopo l’arresto nel giugno 2013 in esecuzione della misura cautelare chiesta dal pm Carmen Pugliese. Ma dopo trenta chili persi per motivi di salute, aveva ottenuto i domiciliar­i. Prima in comunità e poi a casa, dove vive accanto alla madre Alessandra Ferrari che gli è sempre stata accanto, anche in aula.

In questa vicenda c’è un’altra mamma che, più di tutti, ha sofferto. Quella di Roberto Puppo, Anna Prospero, insieme alla figlia Eva e al marito Antonio, assistiti dall’avvocato Manuela Sabbi. Per loro la Corte d’Assise di Bergamo — confermato in appello — aveva disposto una provvision­ale complessiv­a di 800 mila euro e un risarcimen­to da stabilire in sede civile. Il loro figlio «stravedeva per Fabio», avevano detto i genitori di Puppo al processo. Invece, dice la sentenza, è stato l’architetto la mente dell’omicidio. Per denaro, il movente riconosciu­to già da due sentenze: «Vile appare il fine avuto di mira dall’imputato, il quale aveva preventiva­mente imbottito il Puppo di polizze per un valore superiore al milione di euro». Cinque polizze sulla vita di Puppo, partito per Macejò pensando di andare a trovare un lavoro invece finito ammazzato con quattro colpi di pistola sparati da un diciassett­enne per pochi soldi. Bertola, è emerso dalle carte del processo, voleva recuperare i 200.000 euro messi come fideiussio­ne nell’affare del bar Hemingway. Lo stesso per il quale Bertola è a processo per il sequestro di persona di Giuseppina Ghislanzon­i, la socia del locale, nel 2010, dalla quale rivoleva il suo denaro. L’origine del delitto, ma una vicenda marginale anche perché a maggio si prescrive.

In questa, di vicenda, è centrale un’altra donna. Vanubia Soares Da Silva, la brasiliana che una volta arrestata chiamò in causa Bertola. Avevano avuto una lunga relazione e lui, in sette anni, le aveva dato 77.000 euro. Un aiuto, la versione dell’imputato, anche perché credeva che il figlio poi morto della donna fosse suo. E lei, è sempre stata la versione difensiva, si era voluta vendicare quando Bertola ha deciso di interrompe­re l’invio di denaro. Vanubia, invece, secondo l’accusa è stata il gancio per trovare gli assassini. La Corte di primo grado rinunciò a sentirla, quella di appello decise invece di ascoltarla in videoconfe­renza, su richiesta del sostituto procurator­e generale. Lei confermò che «Fabio voleva spaventare Marco (così conosceva Puppo

ndr)». Ma una volta incalzata dal pg scoppiò in lacrime. Era venuto meno il diritto di difesa, avevano indicato gli avvocati nel ricorso in Cassazione: «Solo se l’imputato ha potuto contro esaminare il proprio accusatore può esservi una decisione giusta».

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Condannato Fabio Bertola, 49 anni, ora ai domiciliar­i, dovrà tornare in carcere

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