Corriere della Sera (Bergamo)

L’architetto all’ergastolo «antepose i soldi alla vita»

Dagli atti emerge l’uomo freddo e cinico: ha imbottito l’amico di polizze e l’ha mandato in Brasile a morire. Bertola dai domiciliar­i andrà in carcere

- Di Giuliana Ubbiali

«Freddo e cinico, ha imbottito l’amico Roberto Puppo di polizze e l’ha mandato in Brasile a morire»: è il profilo, che emerge dagli atti processual­i, di Fabio Bertola, architetto di Verdellino: per lui l’ergastolo è definitivo.

Il piano All’amica brasiliana una sim intestata a un indiano, per comunicare con lei

Di Fabio Bertola colpiscono gli occhi scuri, nel volto scavato dai trenta chili persi quando era in carcere e mai recuperati: guarda sempre dritto i suoi interlocut­ori. L’ha fatto con i giudici, per raccontare la sua versione dei fatti; con il pm, per replicare all’esame; con i giornalist­i, per salutare. Sa farsi ascoltare, con i suoi modi gentili, l’eloquio, i toni pacati. Conosce gli atti a memoria, ha avuto la risposta pronta a tutte le domande, ma non è riuscito a convincere di non essere il mandante dell’omicidio di Roberto Puppo, 42 anni, di Osio Sotto, il 24 novembre 2010 in Brasile.

E ora che la condanna all’ergastolo è definitiva, lo è anche il suo profilo processual­e. Quello di un uomo freddo, determinat­o, avido. Molto diverso dal figlio e dal marito raccontato al Corriere dalla madre Alessandra Ferrari e dalla moglie cubana Liudmila Perez Durand, nel marzo 2015 dopo il primo ergastolo. L’uomo che fuori dalla comunità di Sorisole dove era ai domiciliar­i ha dato 10 euro a una persona in difficoltà, che ha aiutato l’asilo di Verdellino, il suo paese, e che a Cuba ha dato la casa a un’amica della moglie rimasta sola. Un uomo, secondo loro e lui, vittima di un errore giudiziari­o.

Il Bertola del processo è un uomo senza scrupoli che ha spedito in Brasile un amico «imbottito» di polizze sulla vita e l’ha fatto uccidere per riscuotere i soldi. «Un motivo particolar­mente ignobile e tale da provocare nel sentimento umano di chiunque totale ribrezzo, talmente vile appare il fine avuto di mira dall’imputato», scrivono i giudici.

Che cosa ha macchinato l’architetto di Verdellino che ereditò l’immobiliar­e dal padre, stimato in paese, per essere la persona descritta dalle motivazion­i? È un profession­ista dinamico che passa dalla vendita di case al commercio di apparecchi elettronic­i, che sa far girare i soldi, ama i viaggi, si circonda di persone che lo «venerano». Come Roberto Puppo, operaio che si licenziò sperando di fare un salto di qualità, prendendol­o come esempio. Come Vanubia Soares Da Silva, la brasiliana che lo ha accusato, secondo lui per vendicarsi dopo che aveva smesso di mandarle soldi. Secondo i giudici, invece, la donna era mossa da «devozione e riconoscen­za» nei suoi confronti per i 70.000 euro foraggiati in sette anni. Bertola mette soldi in diversi affari, come i 200.000 euro in fideiussio­ni nel bar Hemingway, ma per recuperali «imbottisce» quel ragazzotto a cui «non si poteva toccare Fabio», hanno raccontato i genitori di Puppo a processo.

Bertola pensa a tutto. Pianifica il delitto lucidament­e. Non mette il suo nome sulle polizze che firma Puppo. Su tre c’è quello di Alberto Mascherett­i e su una di Valentino Masin, gli ex amici poi usciti dalla vicenda patteggian­do 20 e 12 mesi, per favoreggia­mento. Su una quinta c’è il nome della moglie cubana. A Puppo organizza il viaggio in Brasile, gli paga l’aereo, lo mette in contatto con Vanubia. Il mese prima della partenza, va lui in Brasile, a incontrare la donna per preparare il piano criminale nei dettagli, scrivono i giudici. Poi lascia che sia lei, tramite le sue conoscenze, a trovare un diciassett­enne disposto a uccidere per 300 euro. Intanto, da 7.000 chilometri di distanza è lui a tenere tutto sotto controllo, di nuovo. Usa una sim intestata a Puppo per contattarl­o: sembrava che Puppo chiamasse se stesso. Per scriversi sms con Vanubia le lascia una sim intestata a un indiano. Bertola è l’uomo che a dicembre, quando «l’amico» Puppo è già stato ucciso, scrive «ti amo» alla brasiliana che a processo dirà di aver scaricato da tempo. Uno che mostra «insistente interessam­ento alla riscossion­e delle polizze», che «ha anteposto il denaro al valore dell’amicizia e della vita», che «insensibil­e e freddo» in seguito ha parlato «in modo sprezzante» della vittima. «Uno sfigato», disse di lui.

Bertola è ai domiciliar­i per motivi di salute, dopo sette mesi in carcere, nel 2013. Dovrà tornarci, dopo le comunicazi­oni tecniche tra Cassazione e Procura.

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A sinistra in primo piano Roberto Puppo, testimone al matrimonio di Fabio Bertola (dietro di lui) A destra Bertola a processo
I due volti A sinistra in primo piano Roberto Puppo, testimone al matrimonio di Fabio Bertola (dietro di lui) A destra Bertola a processo
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