«Pensavamo che il centro fosse sicuro»
La boutique Berne’ ha riaperto dopo l’assalto e sta preparando l’installazione di nuovi sistemi di difesa L’Ascom: «Credevamo fosse un problema che riguardasse solo le periferie, bisogna ripensare tutto»
Il giorno dopo la spaccata la boutique Berne’ riapre. Più che la rabbia nelle titolari c’è sconcerto: «Qui in centro credevamo di essere al sicuro». Ora bisogna studiare nuovi sistemi di sicurezza. Intanto il furgone dei ladri è stato trovato in via Brigata Lupi.
Lavorano in centro da 34 anni, qualche furtarello l’avevano messo in preventivo ma una cosa del genere no. «Ci dicevamo: siamo in pieno centro, c’è passaggio fino a tardi, siamo vicini al tribunale e poi la strada è stretta, non possono certo farci la spaccata con l’auto e quindi siamo al sicuro». C’è più sconcerto che rabbia nelle parole di Michela Bernè, contitolare con la madre Maddalena Russo del negozio che porta il nome di famiglia (ma, vezzo grafico, con l’apostrofo).
Dopo la spaccata di lunedì sera, il negozio d’abbigliamento di via Borfuro sta ripartendo con qualche fatica. La boutique è regolarmente aperta, anche se con il vetro della porta coperto da una raggiera di crepe e con la vetrata sfondata dai ladri sostituita da assi di legno. «Certo che sono brutte da vedere — riconosce la commerciante —: abbiamo contattato un pittore perché le decori con un disegno che poi terremo all’interno come elemento d’arredo». Domani sarà installata la nuova saracinesca in sostituzione di quella divelta dai ladri, e bisognerà aspettare fino a martedì per la nuova vetrina. Nel frattempo il negozio sarà presidiato dai vigilanti.
Il questore ha consigliato ai negozianti di dotarsi di saracinesche più robuste. «Ma quelle piene non lasciano vedere la merce in vetrina — obietta le negoziante —. Qualcuno ci ha detto che forse sono vietate perché nella via tutte le serrande devono essere dello stesso tipo». Per le titolari del negozio bisogna entrare nell’ordine d’idee di dotarsi di nuovi sistemi di sicurezza: «Potremmo installare dei paletti o una sbarra antisfondamento. Ma non sappiamo ancora cosa ci sia consentito fare, per questioni di spazio per la ristrettezza della strada o di decoro urbano. Forse servirà il parere della Soprintendenza».
La sensazione più forte è quella dell’impotenza: «Le telecamere le avevamo, l’allarme anche, tanto è vero che è scattato subito, la polizia è arrivata nel tempo che serviva e sappiamo che non ci può essere una pattuglia in ogni strada. Forse ha ragione l’agente che ci ha detto: investite nell’assicurazione».
Ma il discorso riguarda tutta la categoria, come conferma il direttore dell’Ascom Oscar Fusini: «Una volta quello delle spaccate era un problema che riguardava i paesi o le zone periferiche della città: non si pensava che potesse riguardare anche i negozi del centro. Che proprio per questa ragione sono in questo momento i meno dotati di sistemi di difesa passiva, come pali o sbarre. Siamo costretti ad ammettere che le cose sono cambiate, e che si è finiti nel mirino di veri professionisti di una criminalità che fa paura, visto come hanno agito nel giro di pochi minuti. Certo, serve un maggiore presidio delle forze dell’ordine, e serviranno anche più sistemi di sicurezza e prevenzione. Ma credo che servirebbe anche un maggiore senso di comunità, con gli abitanti del quartiere che segnalano gli elementi sospetti».
«È venuto il momento di fare qualcosa di concreto per proteggere meglio il centro di Bergamo — aggiunge Cesare Rossi, vicedirettore di Confesercenti —. Ci metteremo al lavoro per studiare proposte concrete e sottoporle al Comune. Servono sistemi di difesa passiva ma anche modalità di presidio del territorio dinamiche e moderne, magari sfruttando ancora di più le opportunità offerte dagli strumenti tecnologici. E qualche pattuglia in più sarebbe un utile deterrente».