«Noi, ultimi per personale» In Parlamento il caso ateneo
Università, i docenti fanno i doppi turni. L’appello del rettore
Essere in fondo a una classifica non fa piacere a nessuno. Ma il rettore dell’Università di Bergamo preferisce invece sottolinearlo: «Quando dico ai miei colleghi in che condizioni siamo, loro non ci credono». Remo Morzenti Pellegrini fa riferimento ai dati sul rapporto fra il numero degli studenti (ormai 18.568), quello dei docenti (316) e del personale tecnico amministrativo (233).
Solo considerando i professori, Bergamo è penultima in Italia sia in generale (un docente ogni 53 ragazzi contro una media italiana di 30) sia in riferimento alla sola Ingegneria (uno ogni 39). Ma la situazione peggiora, facendo affondare l’università all’ultimo posto, se si tiene conto anche del rapporto con il resto del personale. Nel frattempo si fanno i doppi turni: «Abbiamo dovuto lavorare sugli orari della didattica, teniamo calmierato il numero massimo di studenti per aula e certe lezioni vengono raddoppiate o triplicate. Abbiamo retto l’urto ma non possiamo andare avanti cosi». Il problema ha radici antiche: «Fino a qualche anno fa le università venivano finanziate in base al numero degli studenti. Oggi si tiene conto del costo standard: ricevi più fondi se fai bene con poco. Così abbiamo recuperato i finanziamenti, e quindi i fondi per le assunzioni li avremmo. Ma non possiamo usarli per la regola del turn over: si assume quando altri vanno in pensione. E noi abbiamo un personale giovane».
Morzenti studia le contromisure: «Ne avevo già parlato con due ministri, ma adesso che con le nuove elezioni la Bergamasca ha venti parlamentari, voglio invitarli al più tardi fra un mese. E con loro voglio sollevare il “caso Bergamo”, che poi non riguarda solo noi ma tutti gli atenei delle nostre dimensioni. Perché non chiedo una deroga per noi ma per tutte le università nelle identiche condizioni. I limiti erano stati pensati in un’altra stagione per calmierare le assunzioni. Ma la nostra situazione è un’altra e non sarà tale nemmeno in futuro». La richiesta è di avere gli stessi mezzi degli altri: «Non vogliamo portare via niente a nessuno. Ma nella partita della competitività c’è chi gioca in 11 e noi in 8 o 9. Chiedo di non fermare le università in corsa, che sono una risorsa per il territorio. Visto ciò che riusciamo a fare ora, chissà cosa potremmo fare con più massa critica per la ricerca e la possibilità di attirare più fondi».
Il primo a rispondere all’appello del rettore è un laureato di Bergamo, il neodeputato leghista Giulio Centemero: «Non ha senso — dice, commentando i dati da lui raccolti — che un’università giovane e in espansione debba seguire le regole di altri atenei. Le va consentito di continuare a sostenere il proprio sviluppo a livello nazionale e internazionale. Quella che si affaccia al mondo universitario è una generazione straordinaria. Servono più meritocrazia e più attenzione ai territori periferici».
La riunione Il problema verrà presto illustrato ai nuovi eletti nei collegi bergamaschi