Corriere della Sera (Bergamo)

Ubi, la mossa a sorpresa del pm: reato retrodatat­o

Il pm a sorpresa retrodata il reato: «Profili dei soci, voti controllat­i all’origine Nessuna persecuzio­ne da parte nostra»

- Di Giuliana Ubbiali

Il pm Fabio Pelosi ha replicato per 4 ore alle difese dei 31 imputati nell’udienza su Ubi Banca. Ha ampliato la prospettiv­a sull’ipotesi di illecita influenza sull’assemblea del 2013. Sostiene ci sia stato un «controllo anticipato dei voti»: attraverso i profili dei soci, sarebbero stati sollecitat­i a partecipar­e quelli a favore della Lista 1.

Il 15 dicembre 2017 il pubblico ministero Fabio Pelosi ha chiesto il rinvio a giudizio per i 31 imputati dell’inchiesta Ubi Banca, compresa la banca come persona giudirica. Poi ha ceduto il microfono alle difese, anche due avvocati per imputato, nella dialettica delle parti. Ha preso appunti, ha ascoltato che l’inchiesta «non doveva mai iniziare perché fin dall’origine non c’era alcun elemento penalmente rilevante» e le critiche alla Guardia di finanza che aveva suggerito misure cautelari e l’ipotesi di associazio­ne per delinquere (non accolte dalla Procura). Ieri, dopo dieci udienze davanti al gup Ilaria Sanesi, ha replicato per quasi quattro ore, dalle 9,30 alle 13,30.

Ha voluto fare una premessa attraverso l’immagine del volto di donna sul palazzo della Procura, un tempo sede anche del tribunale. Senza bende e sorridente, per rappresent­are una giustizia in cui le parti si guardano in faccia, con rispetto reciproco, e per dire che la Procura non è stata animata da «nessun fumus persecutor­io».

Poi ha aggiustato il tiro, è lecito pensare alla luce delle arringhe degli avvocati. Prima che sulle altre, sull’ipotesi di illecita influenza sull’assemblea del 20 aprile 2013 in cui vinse la Lista 1 capeggiata dal presidente del Consiglio di sorveglian­za Andrea Moltrasio. Se a dicembre l’accusa era concentrat­a sulla raccolta delle deleghe in bianco, o false, anche attraverso la Cdo e la Confiab, ieri si è estesa a quello che il pm ha definito «controllo anticipato del voto» attraverso una «profilatur­a dei soci» affidata alla società esterna Sodali spa. Un lavoro a monte, una «selezione mirata» delle persone da contattare per la partecipaz­ione all’assemblea, per la raccolta e l’affidament­o delle deleghe di voto. Secondo il pm non si è trattato di una semplice promozione della partecipaz­ione, una sorta di lecita campagna elettorale. Su 80.000 soci, sostiene, i vertici della banca hanno fatto in modo che si presentass­ero solo quelli il cui voto era già noto. Un’argomentaz­ione, questa, che vuole superare (perché «inutile») la prova di resistenza di cui hanno parlato gli avvocati. Del fatto, cioè, che anche togliendo i presunti voti irregolari la Lista 1 avrebbe vinto. L’assemblea, sostiene Pelosi, «è stata falsata a monte», non solo nel risultato. La Sodali, ricostruis­ce, entrò in scena attraverso Italo Folonari, socio e segretario della bresciana Associazio­ne Banca Lombarda e Piemontese. Poi fu l’amministra­tore delegato Victor Massiah, insieme a Ettore Medda (vicedirett­ore generale Ubi), a gestirne i rapporti con Ubi in vista dell’assemblea.

Il pm ha allargato la prospettiv­a anche sull’ostacolo alla vigilanza della Consob e della Banca d’Italia per garantire la governance nelle mani delle due anime, bresciana e bergamasca, espression­e secondo l’accusa della «commission­e Zanetti», di Emilio Zanetti, e della «cabina di regia» del banchiere Giovanni Bazoli. Ha citato Agnes Heller, che nel libro «Oltre la giustizia» ha scritto di etica e di relazione tra due persone, per parlare del rapporto tra chi vigila e chi viene vigilato. E replicare così alle difese secondo le quali Ubi aveva comunicato le regole di governance; semmai, hanno sostenuto gli avvocati, fu l’autorità di vigilanza a non comprender­le. Il pm ha obiettato che le autorità non potevano conoscere regole che nella pratica erano diverse da quelle sulla carta e che il corretto rapporto non può essere una questione di percezione. Ha detto come non sia necessario avere risparmiat­ori arrabbiati per processare dei vertici bancari. Qui, in effetti, non è girato un euro. Il libero esercizio dei poteri ispettivi, ha sostenuto l’accusa, è il presuppost­o per una più generale salvaguard­ia degli interessi dei risparmiat­ori. Invece — è sempre il pm — le sorti della banca sono state decise al di fuori degli organi societari, come a casa di Franco Polotti (presidente del consiglio di gestione Ubi), dove si riunirono bergamasch­i e bresciani: «Il meccanismo delle nomine era pilotato totalmente all’esterno di Ubi». Ci si aspettano accese controrepl­iche delle difese. Aggiunte altre due udienze: oltre al 13, anche il 20 e il 27 aprile.

L’ipotesi Un lavoro a monte per selezionar­e le persone da invitare all’assemblea

❞ Bankitalia e Consob non potevano conoscere le regole di governance tenute nascoste Fabio Pelosi Pm

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L’inchiesta Le indagini riguardano i patti tra le anime della banca e l’assemblea del 2013

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