Corriere della Sera (Bergamo)

I 90 di Crivelli

Il regista milanese si prepara a spegnere le candeline «Festeggio con pochissimi amici e i miei amati gatti»

- Maurizio Porro

Giovani 90enni alla riscossa. Dopo Morricone e Ivory, dalla bella casa milanese a porta Venezia cui è rimasto nel secolo fedele da quando aveva sei mesi, anche Filippo Crivelli spegne martedì 27 marzo le 90 candeline. Come? «Ufficialme­nte festeggere­mo con piacere agli Amici della Scala, legato come sono alla 40ennale associazio­ne dalle amiche Wally Toscanini ad Anna Crespi». Ufficiosam­ente? «Con pochissimi amici non noiosi e i miei adorati gatti». Regista prolifico di lirica ma anche di prosa, cabaret, television­e, arte varia («Le 12 Cenerentol­e»), non c’è nome che si possa fare senza che dica: «L’ho lanciato io»; non c’è titolo d’opera o operetta che non abbia già allestito, non c’è storica prima cui non abbia assistito. Ha conosciuto tutti, diretto tutti e tutte, dalla Callas alla Tebaldi, da Alva a Pavarotti alla Kabaivansk­a, da Milva alla Milly, dalla Cortese alla Vanoni, da Laura Betti a Paolo Poli, da Anna Nogara a Rosalina Neri, dalla Fracci a Carraro: il suo curriculum è storia del teatro e non mancano mai le frecciatin­e, le osservazio­ni salaci.

Crivelli ha iniziato a Milano, dove è nato ed è stato battezzato subito Pippo, iniziando come assistente di Visconti alla Scala. I racconti di quel magico periodo, i favolosi anni 50, sono irresistib­ili, irripetibi­li: «Eravamo un gruppo di scapestrat­i fra cui Zeffirelli e Tosi, massimi talenti di cui sono rimasto amico. Si lottava da giovani contro la tradiAmeri­ca zione di Ghiringhel­li sotto il maestro Luchino. Poi lavorai alla neonata Piccola Scala, mi trasferii per un breve periodo a Roma dove divenni amico di Bolognini e della Betti che avrei portato al Gerolamo col suo recital intellettu­ale, scandaloso di Fortini, Pasolini, Arbasino. Da lì è una lunga, lunga storia». Sei edizioni di «Vedova allegra», il rarissimo «Mikado» di Gilbert & Sullivan, gli allestimen­ti in Sud e gli show a Palermo, il cabaret al Piccolo («Canzoni senza festival»). Crivelli eccelle in Donizetti, di cui ha allestito 19 titoli, fra cui acclamatis­sima la «Figlia del reggimento» in cui inserì anche l’amata Proclemer, ma l’amore per il bel canto non gli ha impedito di allestire con Leydi nel 64 «Bella ciao», spettacolo di canzoni popolari con la Marini, dal raso scaligero alle panche dei centri popolari.

Crivelli ama, stima, cataloga il lavoro di compositor­i milanesi come Negri e Carpi, ma il suo cult resta «Milanin Milanon», 1963, ancora oggi nei ricordi migliori del vecchio Gerolamo palestra di cabaret di cui Pippo fu protagonis­ta, lavorando anche con la Compagnia Milanese. «Strani casi: in Milanin Milanon dovevamo avere Gaber che però non poteva e ci presentò un giovane, un certo Enzo Jannacci, da cui tutti restammo subito incantati. E con Milly è stata una lunga relazione, fino alla Piccola Scala e ai suoi dischi che ho prodotto». Che cosa avrebbe voluto allestire? «Mi manca l’Onieghin che adoro, feci l’assistente della Pavlova con la Tebaldi e Di Stefano, così avrei amato molto fare Cechov, magari Le Tre sorelle, senza troppe pause». Cinefilo assai legato ai classici che rivede in tv su Retecapri («ho amato tra gli ultimi film quello di Luca Guadagnino»), conservato­re di cimeli anche privati, per cui lettere di Luchino oltre ai bozzetti di Lila de Nobili, instancabi­le catalogato­re di sé ed altri, la fama di Crivelli ebbe un salto in avanti ai tempi del «Ballo Excelsior» nel 67, al Maggio Musicale poi alla Scala, capolavoro di sapienza, ironia e cultura: «E pensare che tutto nasce quando lo vidi da bambino con le marionette dei Colla, cui sono stato da sempre legato».

Staccato da ogni centro di potere, tanto che nessuno gli ha mai dato l’Ambrogino d’oro («a questo punto mi vanto di non averlo avuto»), Crivelli si fa da solo un bel regalo: «Metterò in scena a Pesaro in agosto un Cabaret Rossini dalla raccolta dei Péchés de vieillesse con un gruppo di amici esperti e complici, dal musicologo Emilio Sala al pianista Antonio Ballista, da Massimo Ranieri a Emilio Isgrò con cui feci Orestea di Gibellina, a Carlo Cinque e Trimani autori di un video».

Con Visconti Scala Eravamo un gruppo di scapestrat­i, fra cui Zeffirelli e Tosi Si lottava da giovani contro la tradizione di Ghiringhel­li sotto il maestro Luchino

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