Corriere della Sera (Bergamo)

LA STUPIDA «IMPRESA»

- Di Cristiano Gatti

Mi rifiuto di chiamarlo effetto-Brumotti. Mi rifiuto di credere che un umano sano di mente possa rischiare di ammazzarsi per imitare il grande acrobata della bicicletta, sempre in bilico sui cordoli più impensati di mezzo mondo. Per la verità, vedendolo aggiungere anche Porta San Giacomo, intesa come muretto a strapiombo sulla città bassa, al proprio curriculum, in molti s’erano detti una cosa sempliciss­ima, bravissimo, fenomenale, divertente, basta che nessuno lo imiti. Sinceramen­te, continuand­o a nutrire un’illimitata fiducia nel genere umano, avevo però preso questo timore come la solita tremarella da suora laica o da circolo boyscout, con tutto il rispetto, per dire il massimo della prudenza e dello scrupolo. Ancora una volta vinco una causa persa. Passeggian­do con mio figlio sulle Mura, verso sera, adesso che fa scuro sul tardi, assisto alla scena più allucinant­e dell’anno, almeno del mio: una ragazza davanti, il suo compagno dietro, insieme discendono garruli Porta San Giacomo al modo di Brumotti, però a piedi. Non ho l’anima del filmatore seriale, credo che questo sia il primo film-documento della mia vita, ma sento il dovere di farlo perché tutti possano vedere che razza d’impresa. In quell’attimo l’apprensivo tremebondo sono io. Penso a quei ragazzi, penso a come li stanno aspettando a casa, penso ai loro sogni e alle loro aspirazion­i, penso alle fatiche e alle ansie dei genitori per crescerli come si deve, penso a un sacco di cose alte e importanti, penso in definitiva alla dignità della vita.

Penso proprio le stesse cose che a loro nemmeno passano per l’anticamera del cervello, in questa loro sfida idiota, col sorrisino compiaciut­o, cosa sarà mai, è facile facile, basta non tremare e non guardare troppo di sotto, io ho paura e loro ridono, così alla fine la conclusion­e è una sola: o sono completame­nte incapaci d’intendere e di volere, il che è da escludere, oppure c’è in

Porta San Giacomo

Ieri pomeriggio sotto Porta San Giacomo: un ragazzo e una ragazza percorrono un tratto delle Mura in bilico sul parapetto: da una parte la strada, dall’altra lo strapiombo giro un brutto virus. È il virus che toglie dalla testa il senso dell’esistenza, il suo peso e la sua sacralità, piallando tutto nel piattume del mondo fluido e vuoto, dove vita e morte si confondono per scherzo e per gioco. La smetto subito di fare filosofia sdrucciola, guardo quei due deficienti che finalmente scendono e sorrido da solo, come se li vedessi uscire da un delicato intervento chirurgico, o tornare dalla guerra. Per questa volta, è lieto fine. Sarò apprensivo, e va bene: ma il primo che mi dice «ragazzate» deve cercarsi una guardia del corpo.

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