PERCHÉ LA SINISTRA SI ESTINGUE
Il Pd e tutto ciò che gli sta a sinistra dicono di aver capito perché hanno perso in modo disastroso le ultime elezioni. E capire sarebbe il primo necessario passo per ripartire. Se si guardano però i fatti delle settimane di questo marzo, si può essere tentati di dire che né il Pd né i suoi astiosi cugini abbiano la minima idea di come e perché siano stati sommersi da un’enorme onda di destra. È quello che dice il microcosmo bergamasco, ad esempio. Giorgio Gori, nel giro di tre settimane, è passato dall’essere l’uomo che avrebbe dovuto realizzare una storica rivoluzione vincendo le Regionali, a un fattore di instabilità per l’intero centrosinistra, in città e in Lombardia. Farà il sindaco (almeno per un altro anno), ormai è abbastanza chiaro a tutti, anche perché la possibilità di giocare un ruolo decisivo negli scenari futuri del Pd a livello nazionale sembrano minime. Non si capisce davvero perché a questo punto la fase di limbo non si sia chiusa e Gori non abbia ufficializzato il proprio ritorno a tempo pieno a Palazzo Frizzoni. Tanto più che in Regione la nomina a capogruppo di Fabio Pizzul non è un gran segnale: è anche il risultato dell’insofferenza di una parte dei dem verso il sindaco di Bergamo, che puntava su Jacopo Scandella. L’idea, nata la sera del 5 marzo, per cui Gori si sarebbe dedicato a fare il «leader dell’opposizione in Regione» (roba che senza virgolette non ha senso scrivere) è tramontata prima di nascere. Dopo di che, il vero problema per il Pd è un altro.
Quale immagine restituisce di sé ai propri elettori (almeno a quelli che si accorgono di quello che succede) un partito che alla prima uscita pubblica si divide sulla carica di capogruppo in Regione? Più o meno la stessa opaca impressione di enorme distanza dalla realtà che filtra dall’ultimo segnale di vita lanciato da Leu (risultato a Bergamo, tra il 2 e il 3%). Ecco un passaggio del prorompente comunicato, per altro scritto ben quattro giorni dopo l’assemblea: «Ritenendo fondate le ragioni e le analisi su cui è stata costruita la campagna elettorale, chiediamo alle dirigenze nazionali di proseguire la costruzione di un soggetto politico di sinistra che ponga al cuore della propria azione la lotta alle diseguaglianze e alla povertà». Dunque, tutto bene, avanti così. Ripensamenti? Dubbi sulla strategia dei vari Boldrini, Grasso, Bersani? Ma perché, qualcosa non va? Seriamente: qualcuno pensa che abbia senso perdere un altro minuto nella «costruzione di un soggetto» etc. su queste basi? Leu, così come il Pd, non ha ancora capito perché chi soffre delle profonde ingiustizie sociali di quest’epoca abbia scelto Lega e M5S. E sarebbe forse utile che cominciassero a chiederlo a quegli elettori fuggiti dalla sinistra, piuttosto che chiudersi in rassicuranti riunioni tra amici, per natura autoindulgenti. Oppure, prima di nominare il nuovo segretario della Provincia di Bergamo, sarebbe bene fermarsi un attimo e pensare se sia una cosa normale — una cosa di sinistra — scegliere la moglie del dirigente che sta lasciando libero quel posto. Non si tratta di antipolitica, di deriva grillina anti casta. Si tratta di buon senso, di cui la sinistra italiana in altre epoche sembrava ben dotata.