Colori e surrealismo In mostra ad Alzano trenta opere di Andy
In mostra il tastierista dei Bluvertigo «Prendo le grandi opere del passato e le riporto a oggi con le fluorescenze»
Da sempre la sua carriera scorre su un doppio binario, come pittore e decoratore di oggetti di design dal respiro internazionale e musicista di talento nei Bluvertigo. Sabato, alle 17, Andy Fluon sarà presente all’inaugurazione della sua personale nella sede della Fondazione Mazzoleni ad Alzano. Il titolo della mostra è «Swinging fluo». La filosofia è racchiusa dalla parola che combina fluorescenza e influenza da emettere e ricevere in flusso continuo, dunque nella modalità «on» di chi è sempre acceso. In esposizione si potranno ammirare trenta opere, in gran parte quadri dalle linee fluorescenti. I tratti sono talmente perfetti, e le sfumature rarissime, da sembrare stampe, mentre in realtà sono pezzi unici, dai colori stesi a mano. Nell’excursus della produzione appaiono le opere della serie «Oltraggi ai grandi maestri», rivisitazioni dei capolavori rinascimentali. «Non voglio essere polemico, solo ironico, contaminando le celebri tele del passato con aspetti della contemporaneità e immagini generate dai mass media — ammette l’artista —. Un esempio sono le Madonne di Raffaello, immaginate con l’ipad o sul campo da golf, basta solo decontestualizzarle per riportarle nell’attualità». Presenti anche opere tridimensionali, come una chitarra decorata, una Venere di plastica e il pezzo forte, la colonna con il busto del David di Michelangelo con il fulmine che gli solca il volto, stesso trucco di Bowie, in versione Ziggy Stardust, idolo dell’artista, al quale dedica anche uno show musicale. Nato nel 1971 a Monza, dove ha sede il suo laboratorio, Andy, all’anagrafe Andrea Fumagalli, è un estimatore della pop art, anche se il suo nome d’arte non è un omaggio a Warhol. «Da ragazzino ero appassionato alle sonorità inglesi, ho scelto di chiamarmi Andy a 14 anni, era più semplice e immediato», dice. Difatti, i soggetti ricorrenti dipinti su tela, tessuti, strumenti, svariati oggetti di design, sono le icone che appartengono all’immaginario collettivo dell’arte, della musica, del cinema, come Robert Smith dei Cure, Fonzie o la Bardot. «La mia è una realtà parallela, anzi una surrealtà, mi considero pertanto un surrealista. Coltivo uno sguardo inconscio, dove l’immagine, anche se tratta dalla tv, è sempre il risultato di codici onirici», conclude il creativo.
Arte In «Oltraggi ai grandi maestri», le rivisitazioni ai capolavori rinascimentale