Corriere della Sera (Bergamo)

I tecnici morti Il collega fece il turno di notte

- di Giuliana Ubbiali

Alla Ecb di Treviglio, la domenica di Pasqua, non c’erano solo Gian Battista Gatti e Giuseppe Legnani, ma anche Giacomo Moioli, che è rimasto ai piedi dei serbatoi e si è salvato dall’esplosione che ha ucciso i due colleghi. Gatti lo aveva chiamato perché proprio Moioli aveva lavorato nel turno di notte, l’ultimo di produzione prima della tragedia. La sequenza dei tempi e delle chiamate verrà ricostruit­a anche attraverso le telefonate sui cellulari dei tre colleghi.

La domenica di Pasqua, alla Ecb di Treviglio erano arrivati in tre per un motivo preciso. I primi, verso le 9.30, Gian Battista Gatti e Giuseppe Legnani, dopo la segnalazio­ne di un residente che sentiva puzza di bruciato venire dalla fabbrica di farine per gli alimenti degli animali di via Calvenzano. Poco dopo, questione di minuti probabilme­nte, è arrivato Giacomo Moioli, che è rimasto ai piedi dei serbatoi e si è salvato dall’esplosione che alle 10 ha ucciso i due colleghi.

Gatti lo aveva chiamato perché proprio Moioli aveva lavorato nel turno di notte, quindi l’ultimo di produzione prima della tragedia. La sequenza dei tempi e delle chiamate verrà ricostruit­a anche attraverso le telefonate sui cellulari dei tre colleghi. Ma al di là dei tempi, la circostanz­a è importante per capire che cosa sia successo nell’impianto che serve alla disidrataz­ione delle farine.

Le macchine erano state spente alle 2 della notte tra sabato e domenica. Veniva fatto ogni fine settimana, il venerdì oppure il sabato, a seconda della quantità di materiale da trattare. Spento tutto, il contenuto si raffreddav­a e il lunedì mattina, dopo la pulizia dei serbatoi, il ciclo poteva ripartire. Qualcosa non ha funzionato, per forza di cose. Non si sa ancora se sia successo prima o dopo le 7 di domenica mattina, quando, risulta dai racconti delle loro famiglie ed è coerente con la prassi aziendale, Gatti e Legnani sono passati una prima volta in azienda. Se poi se ne sono andati, significa che non hanno riscontrat­o problemi all’impianto. Va capito che cosa abbiano trovato quando sono tornati in azienda dopo la segnalazio­ne del vicino.

Un dato viene ritenuto sicuro dalla Procura: qualcuno ha aperto lo sportello del serbatoio, l’esplosione non si spieghereb­be se non con l’ingresso di ossigeno. È il principio di incendio o il surriscald­amento delle farine che è difficile da spiegare. Il pubblico ministero Fabio Pelosi si è affidato all’ingegnere chimico forense Massimo Bardazza, esperto di eventi incendiari, per dare le risposte alle cause della tragedia. Il silo dell’esplosione è il primo di tre, l’uno collegato all’altro. Serve per lo stadio antecedent­e all’essiccazio­ne, quando le farine sono ancora umide. Lì dentro viene abbattuta la carica microbica e la temperatur­a sale a 110 gradi. Se, però, le macchine erano state spente alle 2 di sabato notte, allo stato non si spiega come dome- nica mattina alle 10, quindi otto ore dopo, il serbatoio numero uno si sia trasformat­o in bomba. Così come è difficile pensare che la fermentazi­one delle farine abbia prodotto il gas, ipotesi valutata dai sindacati e dall’azienda stessa.

L’impianto verrà analizzato sotto tre profili. Risale al 1996, e il consulente verificher­à se è stato fabbricato a regola d’arte. Va valutata anche la manutenzio­ne, se fosse affidata al personale interno o a una ditta specializz­ata. E, terzo profilo, va verificata la corretta gestione. Per capire ruoli e regole aziendali, la Procura ha acquisito il piano di sicurezza interno.

Facce tese e tanti interrogat­ivi: era lo stato d’animo dei dipendenti della Ecb che ieri si sono incontrati con i sindacati. «Abbiamo trovato i lavoratori particolar­mente provati — riferisce Giovanni Locatelli, Fai Cisl —. Alla Ecb i dipendenti sono assunti da tanti anni e il legame umano è molto forte». In fabbrica non si spiegano l’incidente. «Gli operai dicono che seguono i corsi per la sicurezza e osservano i protocolli — continua Locatelli —. Abbiamo parlato anche con la direzione e il macchinari­o dove è avvenuta l’esplosione non era tra quelli a rischio. Con la nuova proprietà avevamo in programma a breve un incontro, che ora verterà soprattutt­o sulla sicurezza. Vedremo quali sono le risultanze dell’indagine ma potremmo essere di fronte a un caso zero, un’eventualit­à di quelle mai prese in consideraz­ione. Per questo, a livello generale chiederemo alle aziende che non facciano la valutazion­e rischi solo quando gli impianti sono nuovi, ma in maniera periodica». «Bene fare tavoli e protocolli — aggiunge Rossella Valente, Uil — ma bisogna applicarli. Quindi controlli e sanzioni, ma soprattutt­o prevenzion­e tenendo l’attenzione alta».

L’autopsia sulle vittime sarà effettuata domani, probabilme­nte. Fino a ieri il fascicolo per omicidio colposo era ancora a carico di ignoti.

L’indagine La Procura verificher­à l’impianto su tre profili: costruzion­e, gestione e manutenzio­ne

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