Il primario e il nodo delle visite private «Me lo consigliarono»
Testimoniano i pazienti del chirurgo. Il pm: peculato perché non fatturò all’ospedale
«Volevo un consulto per la mia nipotina. Un amico mi parlò bene del dottor Cassisi, trovai il suo numero su Internet». Così una donna racconta come contattò Antonino Cassisi, imputato di peculato, falso, abuso d’ufficio e maltrattamenti.
La nipotina di un anno aveva un angioma al labbro ed era già stata visitata all’ospedale Bambin Gesù di Roma, dove abita. Ma la nonna insistette perché la visitasse il dottor Antonino Cassisi, responsabile della Chirurgia maxillofacciale del Papa Giovanni. Il perché, è semplice, racconta Anna B., 66 anni, di Rivolta d’Adda (le sole iniziali per i dettagli sanitari): «Io ero la nonna del nord e volevo un consulto. Un amico mi parlò bene del dottor Cassisi, trovai il suo numero su Internet». Chiamò direttamente lo studio privato, non passò per il centro unico di prenotazione dell’ospedale. Lei come gli altri 16 testimoni sentiti ieri al processo in cui Cassisi, 58 anni, è imputato di peculato, falso, abuso d’ufficio e maltrattamenti.
Il pm Giancarlo Mancusi contesta a Cassisi di aver visitato una cinquantina di pazienti nel suo studio di via Camozzi, nel 2013, senza fatturare le prestazioni all’ospedale, come avrebbe dovuto perché in regime di «intramoenia allargata»: l’ospedale gli avrebbe pagato la sua quota trattenendo una percentuale. A proposito di fatture, in modo meno marcato rispetto all’udienza del 28 marzo, ma è di nuovo emersa la faccenda dei pagamenti in nero. Il pm l’ha chiesto ai testimoni, molti non ricordano se venne proposto uno sconto senza fattura (pagavano alla segretaria), ma quattro anni fa lo dichiararono alla polizia giudiziaria. Oggi alcuni ricordano di aver cercato le ricevute senza però trovarle. Al contrario Tamara S., 46 anni, di Seriate, non ha esitato: «Mio figlio è in cura da Cassisi dal 2013. Una seduta ogni due mesi, 250 euro, sempre con la ricevuta». Dalle testimonianze emerge uno spaccato che non c’entra con l’indagine ma è significativo. Questi genitori, la maggior parte di fronte alle particolati patologie dei figli, qualcuno per problemi di salute personale, hanno scelto la via privata. «Ho trovato il dottor Cassi- si cercando su Internet», hanno detto, invece, tre mamme, «me l’ha consigliato la pediatra di famiglia», o ancora «mi ha detto mia sorella infermiera di andare da lui».
Simone C., 44 anni, di Bergamo, e la moglie passarono dall’ospedale. La loro bimba di 18 mesi, già ricoverata alla nascita, doveva essere operata alla bocca. Prima, prenotarono un consulto da Cassisi: «Volevo un confronto direttamente con lui per capire il decorso dell’intervento», ha spiegato il papà. Lo conoscevano già perché 18 anni prima curò la moglie. Altri genitori sarebbero passati dal cup dell’ospedale. Valentina C., 36 anni, non se lo ricordava ma il pm le ha citato la sua deposizione: «Ero andata al Cup ma mi risposero che non era possibile prenotare una visita privata con lui». Un’altra mamma, invece, ricorda che Cassisi operò sua figlia e che non le fece pagare il secondo controllo. Secondo la difesa (avvocato Dario Romano dello studio Bongiorno) queste visite private non c’entravano con l’ospedale, anche perché Cassisi per alcuni periodi non era in regime di intramoenia. Prossima udienza il 18 aprile.
Le fatture Ora i testimoni non ricordano ma anni fa molti di loro dissero che pagarono in nero