Apre il Consiglio Pd-Gori, tensioni e nuova fase

Mentre a Roma le trattative per un governo di qualche tipo vanno a rilento, con il Pd ai margini della scena, a Bergamo e in Lombardia i dem si affacciano a una fase densa di scadenze. La prima delle quali è, questa mattina, l’apertura dei lavori del Consiglio regionale. Giorgio Gori (nella foto) sarà in aula ad assistere all’inizio dell’era Fontana e ripenserà all’era Gori, che sarebbe potuto essere e invece non sarà. Ma il tempo per i rimpianti è finito già dal 5 marzo, quando è stato chiaro che la sconfitta nei confronti di Attilio Fontana aveva assunto dimensioni impreviste. La leadership lombarda di Gori, indiscussa nei mesi della campagna elettorale, è andata in crisi e ha ricevuto un ulteriore colpo quando il Pd si è dato come capogruppo regionale Fabio Pizzul. Gori puntava su Jacopo Scandella, suo braccio destro. Quando è stato però chiaro che sul nome del consigliere seriano c’erano difficoltà, i toni all’interno del partito sono saliti, «non sono mancati i momenti di tensione», ammette il segretario regionale Alessandro Alfieri (ora senatore) che ha cercato la mediazione. Gori ha comunque scelto la via del voto, perdendo. Alfieri, che lascerà il posto di comando in Lombardia in autunno, respinge però l’idea che Gori esca ridimensionato da questo incidente: «Dobbiamo lavorare, in vista dei congressi sul territorio, per costruire una leadership plurale», dice. E, se è vero che per il Pd lombardo è fondamentale un Gori al centro della scena, a partire da oggi si dovrà chiarire in quale modo. «Io gli ho detto la mia — spiega Alfieri —, penso che da sindaco di una città importante come Bergamo, Gori possa avere più visibilità e possa incidere di più». Decisione che in realtà sarebbe già presa e dovrebbe solo essere ufficializzata. Dopo di che si aprirà una partita difficile, che — nell’ordine — deciderà delle segreterie regionale e provinciale e del candidato sindaco del Pd in città. (s.b.)