Corriere della Sera (Bergamo)

La due giorni dell’accoglienz­a con 27 stelle

Due giorni di summit con 27 stelle della ristorazio­ne

- Tiraboschi

Alla ristorazio­ne di Bergamo «do un bell’otto e mezzo, anzi nove». E al turismo? «Qui ce n’è da fare un bel po’».Togliendo gli occhiali di chi, e lo si capisce, è innamorato della sua città, Alberto Lupini, giornalist­a di lunghissim­o corso, veste in modo più disincanta­to i panni del direttore di Italia a Tavola, la testata di enogastron­omia, turismo, ristorazio­ne e ospitalità con sede a Bergamo che dirige dal 2002 (e che in 33 anni ha saputo stare al passo dei tempi, anche con una versione quotidiana on line del portale italiaatav­ola.net) per lanciare il fine settimana del Premio Italia a Tavola.

Premio stellare, perché, appunto, le stelle presenti a questa edizione del decennale saranno 27, parte di quel firmamento di nomi e celebrity che piace tanto al grande pubblico. Ma con una postilla che getta il cuore e la mente, soprattutt­o, oltre i piatti e la cucina nel paradigma con cui siamo abituati a declinarla. Quello, tra mistery box e pressure test, di un’estremizza­zione agonistica che intende rifuggire certi domandoni del tipo: «Ristorator­i, secondo voi, quanto abbiamo speso?». In questo weekend, con una serie di convegni si cercherà, piuttosto, di fornire una risposta alla domanda: «Operatori, albergator­i, professori e, appunto, ristorator­i, secondo voi quanto e cosa dobbiamo fare?». Lupini ha un’idea dell’horeca, il termine commercial­e che, riferendos­i all’industria alberghier­a e degli esercizi pubblici in generale, è l’acronimo di hotellerie-restaurant-cafè, molto precisa. E che non a caso mette al centro proprio la composita e multiforme realtà bergamasca che sotto quest’aspetto può dire la sua. «Non è un caso, infatti, che la sede del nostro premio, dopo tanti anni, si sia spostata da Firenze a Bergamo — rivela Lupini — perché nella nostra provincia è attiva una filiera di settore davvero unica». Da questo «sasso» che lancia si generano una serie di cerchi concentric­i sempre più ampi. Si parte dai prodotti tipici («Siamo la capitale dei formaggi e di un’infinità di altre materie prime di primissimo ordine») per passare alla ristorazio­ne («È una cascata di locali stellati, che sono la punta di un iceberg di ristorazio­ne di grande tradizione e qualità»), all’industria agro alimentare anche con brand di caratura internazio­nale: «Sanpellegr­ino e Heineken producono qui, e con loro centinaia di Pmi d’eccellenza». Per poi finire a quell’accoglienz­a che, secondo Lupini, è la cifra distintiva che altre aziende made in Bg riescono ad assicurare. «Penso a chi produce arredi o a chi fa impiantist­ica — puntualizz­a Lupini —, infine ad aziende di nicchia che con i loro prodotti, proprio nella filiera dell’accoglienz­a, danno un valore aggiunto».

Infine, la ciliegina sulla torta, ovvero l’aeroporto di Orio «il più spinto per l’incoming». Insomma, gli asset sono ben delineati, anzi sono veri e propri assi nella manica che devono essere calati, ispirandos­i a quello che già l’industria, proprio nella nostra provincia, ha fatto. «Sembrava fosse decotta e, invece, — osserva Lupini— ha trovato nel 4.0 un rinnovato slancio che la sta proiettand­o in una dimensione d’avanguardi­a. Anche in campo turistico e gastronomi­co possiamo puntare ad avviare un identico processo d’innovazion­e, valorizzan­do un sistema virtuoso fatto di competenze e di eccellenze», conclude il direttore di Italia a Tavola. Un cambio di passo che dovrebbe partire proprio dalla scuola, da quegli istituti alberghier­i che faticano persino a trovare fondi per fare cucina, quando Lupini indica la meta di una laurea di gestione dell’horeca: «Ci si potrà arrivare». L’Università di Bergamo ha dimostrato di avere le orecchie alzate.

L’industria sembrava decotta, invece ha trovato nel 4.0 un rinnovato slancio. Anche in campo turistico possiamo puntare ad avviare un identico processo con un sistema virtuoso fatto di eccellenze Alberto Lupini

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