La moglie del killer: un incubo Dalla famiglia gelo e silenzio
Un appartamento nelle case Aler nel grande condominio di via del Bosco 27, di fronte al PalaFacchetti, a Treviglio. Qui abita Maurizio Novembrini, qui ospitava da circa un mese la sorella Ornella, 49 anni. Qui ha fatto ritorno con la Panda bianca, presa in prestito da un prete a Rho prima di partire con la sorella alla volta della sala slot di Caravaggio, insieme alla sorella.
L’abitazione è al terzo piano della scala A. Novembrini si è trasferito da circa un anno e mezzo con la moglie e i due figli, un ragazzo di 17 anni e una bambina di 10. Una convivenza non semplice con il condominio. Nessuno vuole parlare, perché le voci sul suo passato giravano. Da un paio d’anni l’uomo era disoccupato e ha dovuto rinunciare a girare con la sua Alfa 147, parcheggiata nel retro del condominio, perché non riusciva a pagare l’assicurazione. È a casa che i carabinieri l’hanno aspettato, mercoledì sera, e l’hanno portato in caserma. Il giorno dopo, la moglie Angela Cosca non si dà pace. Si sono sposati 7 anni fa, ma convivevano già da 18 anni. «Mi pare di vivere un incubo — dice — sono disperata, il mio figlio più grande che capisce cosa è successo non smette di piangere. Non vedere mio marito a casa e pensare a cosa ha fatto, è una pazzia».
C’è una scena, mercoledì sera davanti alla sala slot, che fotografa la disperazione. Francesco Novembrini, 27 anni, jeans, scarpe del tennis, mani nel giubbotto, alza gli occhi al cielo e si piega a terra. Ha appena saputo che suo padre è stato ammazzato.
Ma in caserma i carabinieri e il pm Gianluigi Dettori assistono ad un’altra scena, mentre interrogano i parenti, identica per tutti. «Ci ha colpito la loro freddezza, quanto fossero controllati nel vivere il doppio dramma — la sintetizza il comandante provinciale, colonnello Paolo Storoni —. Qualcuno ha parlato di morte annunciata, come se si aspettasse che il rapporto potesse degenerare. Ma c’è stata zero collaborazione».
Il figlio che si disperava, gli altri parenti sentiti nella notte, la stessa sorella Ornella che ha rischiato guai seri per essersi trovata con il fratello omicida ma che non è finita indagata perché nel video si vede che cerca di fermarlo e non ci sono elementi per sostenere che sapesse delle sue intenzioni. Nessuno è andato al di là del «non andavano d’accordo». Poco per uccidere un fratello. Un silenzio all’unisono che, dice Storoni, «lascia perplessi e fa pensare che ci sia altro».
«Mio figlio più grande disperato» Angela Cosca moglie del fermato
«Nessuno collabora per aiutarci a capire» Paolo Storoni comandante