Corriere della Sera (Bergamo)

«Svuotarono una ditta per farla fallire» Imprendito­ri in carcere

L’accusa: fondi e mezzi distratti a favore di loro imprese

- Fabio Paravisi

Alla fine la Cortedil srl era fallita. E c’era un motivo, secondo i finanzieri di Treviglio: chi amministra­va l’impresa edile di Romano dirottava i suoi fondi, i suoi mezzi e perfino i suoi crediti e i suoi appalti su altre imprese. Sempre di loro proprietà. Per questo sono finiti in carcere Fausto Gozzini, 57 anni, di Pontoglio (Brescia) ma abitante a Romano; Luigi Antonio Magetta, 61 anni, di Cividate ma residente a Romano, e Marcello Quarti, 63 anni, di Cortenuova. Sono accusati di bancarotta fraudolent­a attraverso operazioni per oltre 1,7 milioni di euro. Il gip Massimilia­no Magliacani, su richiesta del pm Maria Cristina Rota, ha deciso per il carcere perché ha ritenuto che i tre avrebbero potuto continuare a commettere gli stessi reati con le società che amministra­no (ma c’era anche il rischio di fuga per Gozzini, che possiede conti all’estero e immobili a Dubai e in Tunisia). Per questo ai tre viene applicato anche il divieto di esercitare per

due anni attività imprendito­riali e qualsiasi ufficio direttivo delle persone giuridiche e delle imprese.

Le pratiche scoperte dalla Guardia di Finanza di Treviglio vengono giudicate «particolar­mente

efficienti», tanto che lo stesso curatore fallimenta­re della Cortedil aveva capito tardi cos’era successo e aveva dovuto redigere una seconda relazione a distanza di tre anni dalla prima, per «evidenziar­e il grave pregiudizi­o» nei confronti dei creditori. Ma del resto si era imbattuto in scritture contabili «non tenute in modo corretto» e in tre bilanci di seguito non approvati, si sospetta proprio con lo scopo di rendere difficile capire cosa fosse successo.

Secondo gli inquirenti gli amministra­tori avevano distratto beni, fondi e anche un ramo d’azienda dalla Cortedil alla Emmedieffe Immobiliar­e, che ha peraltro sede allo stesso indirizzo, via Crema 26 a Romano, e che faceva capo a loro stessi. E senza che nella ditta poi fallita entrasse alcun introito. Così come era riferibile a loro anche la Classe A srl, a favore della quale, per i finanzieri, ci sarebbe stata la distrazion­e di attrezzatu­re, materiale edile e attività di cantiere «grazie a fittizie cessioni, saldate mediante false compensazi­oni di debiti e crediti». Il tutto, secondo gli inquirenti, «per evitare che l’insolvenza della società travolgess­e il loro patrimonio».

La crisi che ha poi portato al fallimento della Cortedil nel 2011 sarebbe stata causata anche da quelli che vengono giudicati «ingiustifi­cati prelievi di denaro dai conti societari» e «mancato recupero di crediti vantati dalla fallita», che invece sono stati dirottati a favore delle altre società. L’amministra­tore della società fallita, nel tentativo di sfuggire alle pretese dei creditori, è accusato inoltre di aver trasferito la titolarità dell’azienda e le quote societarie ad un altro imprendito­re, il quale avrebbe continuato a «dissipare le restanti risorse aziendali e sottratto documentaz­ione contabile». Fino al definitivo fallimento, lasciando infine debiti per 1.047.741 euro.

In cella La detenzione è stata decisa nel timore che potessero continuare a commettere i reati

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Fallita La Cortedil aveva sede in via Crema a Romano di Lombardia

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