L’ombra della mafia sull’esecuzione
Giallo sul movente: resta in piedi la pista passionale ma s’indaga anche sugli affari del clan
La dinamica del duplice delitto di Caravaggio è chiara. Il movente non ancora, nella nebbia di dinamiche familiari poco nitide, affiliazioni mafiose e presenze nella Bassa tutte da analizzare. Gli inquirenti non parlano di un delitto di mafia, ma lo affrontano, spiegano, «in un contesto di valori e comportamenti di tipo mafioso», basandosi, più che sulla dinamica, sui trascorsi dei fratelli Novembrini, sulla poca collaborazione dei familiari e il fatto stesso che con Carlo Novembrini sia stata ucciso anche la sua compagna Anna Maria Fortini ( foto).
Dietro le quinte di un duplice omicidio sfrontato e dalla dinamica chiarissima, c’è il mistero di un movente che non emerge ancora, ingabbiato tra dinamiche familiari poco nitide, un passato di affiliazione in Sicilia al clan mafioso dei Madonia, e un presente nella Bassa che forse non aveva mai destato sospetti, ma dev’essere analizzato a fondo dagli investigatori. Dopo due morti.
L’auto del prete
Attorno alle 18 di mercoledì Maurizio Novembrini, 44 anni, siciliano e padre di due figli, disoccupato che vive in affitto in un condominio Aler di via del Bosco, a Treviglio, rientra a casa, dove c’è la sorella Ornella, sua ospite da due mesi e mezzo, dopo il trasferimento da Gela. Torna da Rho, dove si è fatto prestare una Fiat Panda bianca da un prete della cittadina alle porte di Milano (è successo spesso, svelerà poi il sacerdote ai carabinieri). La sorella lo vede piuttosto nervoso e quando lui esce per tornare in auto lo segue, partono insieme.
La ricostruzione
L’obiettivo di Novembrini è solo uno: la sala slot Gold Cherry al centro commerciale di Caravaggio, la frequenta spesso. Sa bene di poter trovare lì suo fratello Carlo, di 51 anni. Parcheggia la Panda nel piazzale, scende a volto scoperto.
La sorella si ferma per pochi secondi fuori dall’auto per qualche tiro di sigaretta. Quando Maurizio entra con fare deciso nella sala da gioco, però, lo raggiunge. Il fratello Carlo lo vede e gli chiede: «Che cazzo fai qui?». Alzano la voce, parlando in siciliano. La scena è ripresa dalle telecamere di un corridoio della Gold Cherry. La sorella Ornella tenta di trattenere il fratello con la pistola in mano.
Maria Rosa Fortini, fidanzata di Carlo, si mette subito in mezzo, indossa un maglione rosa. Pochi secondi di spintoni e urla. Poi, vicino alle slot, c’è il primo colpo di pistola al petto del fratello, che ha la forza di reagire, tenta di rialzarsi, ma viene subito freddato con un proiettile alla testa. A bruciapelo. E lo stesso accade, un attimo dopo, per la sua compagna, che cade a terra iniziando a sanguinare. Maurizio Novembrini a quel punto va verso l’uscita, ma poi torna indietro. Si china sul corpo di Carlo, appoggia la canna della pistola sulla bocca, verifica che sia morto e se ne va.
La sorella Ornella appare evidentemente disperata, è ancora al suo fianco. Lui la prende per un braccio indicandole l’uscita. Salgono in auto, sono le 18.21. L’omicida riporta la sorella a casa, poi parte per Rho, dove riconsegna la Panda. Rientra in treno, con il passante ferroviario, a Treviglio.
Quando arriva a casa a piedi i carabinieri lo stanno aspettando: scatta il fermo. E scattano anche le perquisizioni: a Sergnano, a casa delle due vittime, spunta un’altra pistola con matricola abrasa, una 7,62 di marca slava.
La Panda L’auto prestata da un prete di Rho. Restituita dopo i colpi di pistola, poi il ritorno in treno
Gli interrogativi
È stato un omicidio di mafia? «Non siamo in grado di inquadrarlo come fatto di mafia — dice il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Paolo Storoni —. Ma stiamo affrontando un contesto di valori e comportamenti di tipo mafioso». Carlo Novembrini e il fratello hanno trascorsi pesanti, di inizio anni ‘90, nel racket delle estorsioni per il clan. Sono arrivati a Treviglio poco prima del Duemila, da sorvegliati speciali con divieto di dimora in Sicilia, Calabria e Campania, già condannati per associazione mafiosa. Ma negli ultimi anni non hanno più pendenze con la giustizia. Al di là di possibili monitoraggi, non risultano informative ufficiali sul loro conto, nessun segnale di nuove attività illecite, da criminalità organizzata, sul territorio. Ufficialmente c'è «solo» un disoccupato che uccide in mezzo ai clienti di una sala slot il fratello, operaio edile, e la sua compagna, con cui vive da cinque anni.
Il silenzio
Allora quello alla Gold Cherry, frequentata da entrambi i Novembrini assiduamente, può anche apparire come un regolamento di conti in famiglia, più che una questione legata alle dinamiche della mafia, intesa come organizzazione. Soprattutto per le modalità con cui è stato eseguito: un omicidio certamente al limite della premeditazione, ma a viso aperto, in modo sfrontato, emozionale forse. Non tutto, però, torna anche in questo senso, perché non c’è un movente di carattere familiare o personale svelato dai parenti più stretti, tutti sostanzialmente in silenzio nella notte davanti ai carabinieri. E svanisce anche l’ipotesi di un delitto d’onore legato a un vecchio tradimento di matrimonio subìto da Maurizio, a causa del fratello. Dall’avvocato Paolo Birolini, legale di Novembrini, inoltre, non arrivano dichiarazioni. L’ultima volta che l’aveva assistito risale a 10 anni fa, per un’oblazione (l’estinzione di un reato ancora più datato).
L’edilizia
Non tutto torna, infine, perché è stata uccisa anche Maria Rosa Fortini, da cinque anni compagna di Carlo Novembrini, una donna che si era molto allontanata dalla sua famiglia, di Crema, per condividere totalmente la sua vita con l’uomo che le è morto a fianco. Prima impiegata in un’impresa edile, di recente aveva ancora legami con il mondo delle costruzioni, ma tutti da chiarire: un settore spesso al centro di infiltrazioni, realtà di assoluto interesse per giri di false fatturazioni e manodopera sottopagata, business tra i più redditizi. La compagna era forse diventata uno strumento per consentire a Novembrini, ed eventualmente a suo fratello, di tornare a fare affari? Anche lei ha pagato con la vita. E nessuno può escludere che dopo le indagini su un omicidio filmato e dalla dinamica chiarissima nascano altre inchieste.
Cosa faceva La compagna uccisa lavorava da anni nell’edilizia. I sospetti sul settore