Il condannato per mafia e i contatti con la vittima
Carlo Novembrini, i rapporti con Cotroneo e le società a Treviglio Spunta anche un’azienda del figlio di 27 anni, arrivato da Roma
Carlo Novembrini, ucciso con la compagna a Caravaggio dai colpi di pistola del fratello Maurizio, aveva frequentato di sicuro Vincenzo Cotroneo, trevigliese di 45 anni condannato in via definitiva per associazione mafiosa. E un intreccio di società conduce sia a Cotroneo sia a un figlio di Novembrini.
Indagare ora è davvero complicato, perché un duplice omicidio così clamoroso farà certamente tacere tutti, «spegnerà» i telefoni di chiunque avesse contatti per eventuali affari illeciti o poco chiari (ammesso che ci fossero), con Carlo Novembrini, 51 anni, la compagna Maria Rosa Fortini, 40, oppure con Maurizio Novembrini, fratello minore e cognato ora in carcere, che ha ucciso entrambi alle 18.20 di mercoledì nella sala slot del centro commerciale di Caravaggio.
Un duplice omicidio premeditato e pluriaggravato, secondo il pubblico ministero Gianluigi Dettori, eseguito da Novembrini quasi come un gesto ordinario, normale, spingendo via la sorella Ornella che l’aveva seguito e tentava di separarlo dai suoi due obiettivi.
Indagare però è doveroso, non tanto sulla dinamica e l’autore dell’omicidio, che appaiono acclarati (tutto sotto gli occhi delle telecamere), ma sul movente che ha mosso il killer e il contesto in cui si muovevano sia lui sia il fratello, con la sua compagna di Sergnano (Cremona, poco lontano dal confine bergamasco). E più passano le ore più sembra chiaro, ai carabinieri, che i due fratelli non avessero proprio chiuso con certe abitudini e ambienti del passato.
Carlo Novembrini si era stabilito a Treviglio dopo aver finito di scontare in via Gleno una pena, nel 1999, per associazione mafiosa: era stato un «picciotto» delle estorsioni per il clan Madonia, a Gela, città dove era nato. Maurizio Novembrini l’aveva seguito nella Bassa dopo precedenti per furto, ricettazione, stupefacenti, quando era già, comunque, un personaggio collocato dagli inquirenti tra gli «affiliati al clan».
Il gruppo calabrese
Anni dopo, come si è scoperto l’altra sera, avevano tutti e due una pistola clandestina a disposizione: una è quella del duplice delitto, l’altra era a casa di Carlo, nascosta e già carica. In più, ci sono frequentazioni di entrambi tutte da indagare. È una certezza, ad esempio, per i carabinieri, che l’uomo ammazzato alla sala slot Gold Cherry, avesse frequentato a più riprese Vincenzo Cotroneo, calabrese di seconda generazione, nato a Treviglio nel 1973 e poi trasferito a Calvenzano. «Enzino», per gli amici, ha avuto guai seri con la giustizia a partire dal febbraio 2014, quando finisce in carcere con l’accusa di associazione mafiosa perché sarebbe stato molto attivo nella «locale» (termine tecnico per l’unità territoriale della ‘ndrangheta) di Desio, braccio destro del boss Pino Pensabene. E per quella accusa viene condannato a fine 2017
in via definitiva, portato in carcere il 30 marzo scorso. La frequentazione c’era stata soprattutto quando Cotroneo era gestore di un locale in centro a Treviglio, l’ex bar Impero.
Le attività
Ma non è stata solo quella l’attività di «Enzino»: c’è stata, secondo la procura di Milano, anche la costituzione di società che emettevano fidejussioni alle aziende senza l’autorizzazione della Banca d’Italia. Garanzie che avevano sfiorato i 700 milioni di euro tra il 2013 e il 2015, e facevano capo a 18 presunti associati a delinquere, tra cui Cotroneo. Ma c’erano anche più cooperative, spesso intestate direttamente a lui, finite nel mirino della Dda di Brescia anche di recente: un sequestro d’urgenza disposto nell’ambito di quelle indagini è stato in realtà cassato completamente dal tribunale del Riesame. Ma l’inchiesta risulta ancora aperta e il pm di Brescia ha iscritto anche un commercialista, operativo a Treviglio, nel cui studio viene indicata la sede legale di più società di Cotroneo. Da ultima la Energy Network Srl.
Dubai e la Diamante
Allo stesso indirizzo risultava inoltre la sede della Ellebiemme, società trevigliese che era rimasta implicata nel caso del grattacielo «Dolce Vita», a Dubai, nel 2014: un palazzo di lusso, incompiuto, e finito nel mirino della Guardia di Finanza per investimenti poco chiari dall’Italia, con collegamenti a una società londinese. Ma c’è altro: la stessa via e lo stesso civico trevigliese dal 2013 sono sede della Diamante società cooperativa, impegnata nel settore delle costruzioni. È intestata a Francesco Novembrini, nato nel 1991. È il figlio di Carlo, ucciso l’altra sera, il ragazzo che si dispera nel piazzale di Caravaggio. E c’è un altro dettaglio da notare: la società è stata aperta quando il ragazzo di 27 anni non viveva ancora nella Bassa, ma a Roma, da dove è arrivato non più di due anni fa, per avvicinarsi al padre.
Coincidenze
Possono essere tutte coincidenze, probabilmente tutto questo dimostra solamente che esiste un commercialista, come tanti altri, a cui più clienti si sono rivolti, negli anni. Ma al di là del professionista, il dubbio è che l’ex uomo del clan assassinato nella sala slot e la sua compagna, fossero probabilmente interessati ad attività che andavano oltre il lavoro ufficiale di lui, semplice dipendente di un’impresa edile. E un interrogativo, ad esempio, può sorgere spontaneo: la coop Diamante del figlio Francesco era forse un mezzo utilizzato da Carlo Novembrini per fare affari, senza comparire?
Le difficoltà Dopo il delitto le intercettazioni telefoniche rischiano di essere inefficaci
Lo snodo La sede legale di più aziende fissata sempre allo stesso indirizzo, in viale Ortigara