SOLIDE ALLEANZE
Intervenendo per primo nell’assemblea di Ubi , forte di un 5,91% del capitale sociale della banca, Giandomenico Genta è uscito dallo splendido isolamento in cui la Fondazione Cassa Risparmio di Cuneo, di cui è presidente, era finita ai tempi del suo predecessore. Come l’Inghilterra vittoriana, l’ala piemontese della banca si è scoperta, improvvisamente, troppo sola. Milioni di azioni non bastano più per contare in Ubi che, diventata spa, vive ora la stagione dello strapotere dei fondi, ormai ben oltre il 50%.La storia bancaria del Paese corre rapida e Genta ha giustamente colto il momento e le sfide che attendono gli azionisti, soprattutto in quella chiave territoriale che certi possessi azionari rischiano di mortificare in modo esiziale. Tanto più che la banca ha annunciato, entro l’anno, l’adozione del nuovo modello di governance: non più duale ma monistico, un sistema molto più snello con cui, per il varo del board la prossima primavera, bisognerà fare i conti. L’imperativo, cercare di contare di più, impone un cambio di strategia, uno scatto in avanti che Genta ha propugnato, senza troppi giri di parole e con un certo ritorno di attenzione non a caso proprio in assemblea. E cioè un «un patto solido» che coaguli, con una scelta decisa, attorno alla Fondazione anche il Patto dei Mille, fermo al 2,7785 e il Sindacato Azionisti che oggi pesa il 12,955%. Si andrebbe sopra il 20% con una Triplice intesa che può muovere lo scacchiere. La Storia (delle alleanze) insegna.