Corriere della Sera (Bergamo)

«Torno sindaco, nel 2019 si vedrà»

Gori lascia la Regione, ma rimanda la scelta di un’eventuale ricandidat­ura a fine anno

- Di Simone Bianco

Giorgio Gori lascia il Consiglio regionale e torna a fare il sindaco, fino alla fine del mandato. Poi cosa succederà, si ricandider­à per il 2019? «Non ho ancora deciso e non lo farò prima della fine dell’anno», dice. Lanciando anche un’ipotesi sul suo vicesindac­o: «Ha avuto una grande crescita, potrebbe essere lui il candidato in città».

Perché Giorgio Gori ci ha messo 35 giorni a decidere di restare a fare il sindaco? «Ho fatto adesso quello che d’istinto avrei fatto un mese fa. Ma era giusto pensarci, perché la responsabi­lità data dal milione e seicentomi­la voti presi in Lombardia è grande e andava onorato il lavoro fatto in questi mesi». È il giorno in cui ha annunciato le proprie dimissioni da consiglier­e regionale, tra la sorpresa di pochi: il ritorno a Palazzo Frizzoni era certo da settimane, pur non essendo stato ufficializ­zato. Una scelta che ha creato parecchi silenziosi malumori nella maggioranz­a cittadina.

Qualcuno nel Pd, a Milano, si sarà sentito più leggero dopo il suo annuncio?

«Ma no, non credo. E comunque se qualcuno lo pensasse, sarebbe stupido. Sono stato il candidato di tutta la coalizione per sei mesi».

In queste settimane qualcuno le ha fatto pesare la responsabi­lità della sconfitta?

«Nessuno, ho ricevuto solo messaggi di stima e sostegno. Certo, non è stato un percorso perfetto, ma non c’è risentimen­to. L’unico passaggio in cui c’è stato disaccordo è stata l’elezione del capogruppo in Regione, io avrei puntato su Jacopo Scandella».

Scandella ha pagato proprio il suo appoggio, forse.

«Non credo, è stata fatta un’altra scelta, di continuità, con Fabio Pizzul. Io avrei preferito un segnale di innovazion­e per riorganizz­are un gruppo che nell’ultimo mandato non si è segnalato per un’opposizion­e particolar­mente brillante».

E l’ha detto in questo modo al resto del Pd? «Certo, ho detto quello che pensavo. Sono abituato a fare così». Questo spiega perché Scandella non è stato eletto. Comunque, abbiamo solo metà della risposta alla domanda: Gori resta a fare il sindaco e si ricandida nel 2019?

«Questo lo vedremo poi, non è necessario decidere ora. Siamo ad aprile, la candidatur­a del Pd per il 2019 andrà decisa entro la fine dell’anno, non prima. Io devo misurare le mie motivazion­i, perché ho fatto il sindaco con grande intensità e questa è la condizione per continuare a farlo bene. Se mi ricandider­ò è perché avrò registrato la mia voglia di farlo in questo modo».

E ancora non se l’è chiarito?

«Secondo me c’è il tempo per chiarirsel­o. Dopo di che non sarà una scelta solo mia: la comunità politica dietro di me potrebbe anche decidere che c’è un nome più competitiv­o. Gli ultimi sindaci uscenti

a Bergamo hanno perso tutti. Vedremo».

Le sue scelte — e le modalità delle scelte — sono anche legate a quello che sta succedendo nel Pd e alla sua possibilit­à di giocare un ruolo a livello nazionale?

«Quello che succede nel Pd ha ovviamente influito sul risultato del 4 marzo, non sulle mie scelte successive. È anche una fase che contiene opportunit­à, se le sapremo cogliere».

Nessun accordo di governo?

«No. Le posizioni di Lega e M5S sono antagonist­e alle nostre. Per di più, fino a ieri hanno additato il Pd come il male assoluto».

Maurizio Martina è il suo candidato alla segreteria del Pd?

«Vediamo cosa decide l’assemblea nazionale, ma se si trattasse di eleggere in quella sede un segretario, io penso che sarebbe un grave errore dividersi e arrivare alla conta. Maurizio ha le caratteris­tiche per tenere insieme le diverse parti del Pd. Era il vice di Matteo Renzi, che ha ancora un’ampia maggioranz­a in assemblea, ma sa dialogare con la sinistra del partito».

Vi siete sentiti con Renzi dopo il 4 marzo?

«Qualche messaggio, ci siamo detti di incontrarc­i, poi non se n’è fatto niente».

La parabola renziana è conclusa?

«Non penso. Certo, è un’esperienza che andrà rivista nel profondo. Il 4 marzo è stato il secondo tempo del referendum costituzio­nale, col senno di poi è stato un errore il ritorno così rapido di Renzi alla guida del Pd. E poi gli elettori hanno scelto le soluzioni più semplici, sull’immigrazio­ne, sull’economia. Un problema difficilme­nte ovviabile per noi, nell’epoca dei social. Per altro è lo stesso meccanismo per cui, nel 2014, noi abbiamo vinto parlando di rottamazio­ne. L’errore che abbiamo commesso è stato quello di puntare più sui diritti, dalle unioni civili allo ius soli (che per altro non abbiamo neanche realizzato) invece che sui bisogni, tanti cittadini sono preoccupat­i dalla loro condizione quotidiana».

Il 4 marzo quali errori insegna a non fare in città in vista del 2019?

«Non dobbiamo dare un senso di distanza dai cittadini, da chi nei quartieri, soprattutt­o quelli periferici, vive situazioni di notevole difficoltà. Non dobbiamo pensare che il fatto di portare numerosi progetti, ad esempio le opere finanziate dal bando periferie, sia sufficient­e. Sulla sicurezza, sull’immigrazio­ne e sulle difficoltà economiche, dobbiamo essere attenti, presenti nei quartieri e puntare sul dialogo».

Cambierete atteggiame­nto sull’immigrazio­ne?

«Sono stato tra i primi a segnalare che il problema dei richiedent­i asilo, diniegati e spesso coinvolti in attività di spaccio, genera allarme sociale. Da soli non lo possiamo risolvere».

La sicurezza è un tema che nelle ultime settimane ha fatto discutere. Fatti molto diversi, dalle multe ai propilei alle spaccate, finiscono tutte sul conto della politica.

«Sono cose che non c’entrano l’una con l’altra. Ho molto apprezzato le iniziative prese da Sergio Gandi, che ha fatto un grande lavoro di dialogo nei quartieri».

Gandi, da vicesindac­o, ha avuto una responsabi­lità doppia mentre lei era in campagna elettorale.

«Ha fatto un percorso politico e umano significat­ivo in questi anni, da quando ci siamo conosciuti. È uno di quelli che è cresciuto di più».

È uno di quelli che, senza Gori, potrebbe essere candidato sindaco?

«Secondo me sì».

❞ Ho fatto ora quello che d’istinto avrei fatto un mese fa. Ma era giusto onorare il lavoro fatto per le Regionali. Non dico adesso se mi ricandider­ò nel 2019, prima devo misurare le mie motivazion­i e non deciderò da solo Giorgio Gori Sindaco di Bergamo

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In aula Il sindaco pd Giorgio Gori, 58 anni, ieri tra i banchi del Consiglio regionale della Lombardia

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