Senza cintura morì Alla guida la nuora: sarà processata
Il pm: serve diligenza. La difesa contesta
Stava trasportando la suocera, che non aveva la cintura di sicurezza allacciata ed era morta nello schianto con un’altra vettura. Beatrice Travaglini, di Morengo, va così a processo per omicidio stradale.
Quel giorno stava guidando con prudenza, perché stava trasportando sua suocera, di 85 anni. Ma probabilmente non sapeva che la cintura di sicurezza dell’anziana era slacciata, o meglio — come ha fatto sapere lei stessa al pubblico ministero durante le indagini — non si era accorta che si fosse slacciata, perché al momento della partenza, invece, era tutto in regola. Ma proprio quel giorno, 27 luglio del 2016, mentre Beatrice Travaglini, 57 anni, di Morengo, guidava a 40 all’ora il suo pick-up bianco, era accaduto il peggio: uno scontro con un’altra vettura in cui era morta proprio la suocera, Maria Petrò. E la Travaglini, nonostante non avesse responsabilità nella dinamica dell’incidente, si ritrova ora imputata per concorso in omicidio stradale.
Un caso che sarà discusso con rito abbreviato di fronte al gip Ciro Iacomino. Travaglini e la suocera erano dirette verso casa. All’altezza del cimitero di Urgnano, quindi poche centinaia di metri prima del grande rondò all’incrocio con la provinciale Francesca, un artigiano di Villa di Serio, Giorgio Cavalli, di 63 anni, alla guida di un Fiat Doblò grigio, aveva sbandato improvvisamente, secondo la ricostruzione dei carabinieri e poi del consulente del pubblico ministero Fabio Pelosi: andava verso Bergamo e aveva invaso la corsia opposta di marcia. Un impatto violento, con i due veicoli quasi distrutti nella parte frontale.
Maria Petrò era morta sul colpo, il decesso era stato constatato dal medico legale, mentre il conducente del Doblò era stato trasportato all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo e Beatrice Travaglini, ferita anche lei, al Policlinico di Zingonia.
La consulenza tecnica della Procura aveva poi evidenziato che l’anziana di 85 anni non aveva la cintura di sicurezza allacciata. E ora il caso giudiziario sta tutto qui. Non ci sono, infatti, responsabilità di Beatrice Travaglini rispetto alla dinamica dell’incidente. «Secondo il consulente del pm — dice il suo avvocato Luigi Villa — la mia assistita andava a 40 all’ora su una strada con limite di 90 e aveva quindi una condotta irreprensibile». Ma esiste una norma scritta che obbliga il conducente di un’auto a far allacciare le cinture di sicurezza a un passeggero? «Nel codice della strada non c’è nulla di scritto in quel senso. C’è l’obbligo rispetto a passeggeri minorenni, non per i maggiorenni», aggiunge ancora l’avvocato Villa.
Per Beatrice Travaglini è stato quindi chiesto il rinvio a giudizio per una questione più generale. Il pubblico ministero ha citato una sentenza della Cassazione che evidenzia, come necessario, un «dovere di diligenza» degli utenti della strada. «È un ragionamento che contesterò — dice il difensore —. La mia assistita è molto provata da quel che è accaduto a luglio di due anni fa e lo è anche dalla vicenda giudiziaria che ne è seguita e prosegue ancora oggi».
Potenziali parti civili al processo potrebbero essere i suoi più stretti familiari, a partire dal marito Claudio Ravanelli. Ma la scelta è stata, praticamente scontata, di non costituirsi, dopo il risarcimento ottenuto dal conducente del Fiat Doblò. Cavalli ha patteggiato un anno di reclusione.