Sa Chen tra gli Improvvisi di Schubert e i dodici Studi di Debussy
Iquattro autunnali e nostalgici Improvvisi op. 142 di Schubert; ma soprattutto tutti e dodici gli Studi composti e antologizzati in due libri da Debussy. È al musicista francese che Sa Chen dedica il suo recital di domani in Conservatorio, ospite delle Serate Musicali (ore 21, via Conservatorio 12, biglietti 15-20 euro, tel. 02.29.40.97.24). Studi che si innestano su una tradizione lunga e che soprattutto col romanticismo aveva perso la sua connotazione meramente tecnica per divenire un genere con un’alta dignità espressiva ed estetica: gli esempi di Chopin e Liszt sono solo i più noti tra i tanti autori, da Talberg a Godowski, che vi si cimentarono. Ma con Debussy si esplora un ulteriore ambito: «Certo, sono Studi e come tali devono occuparsi di determinati aspetti tecnici: ci sono quelli dedicati agli intervalli di terza, quarta, ottava, alle scale cromatiche, agli arpeggi e alle note ribattute, ma come sempre la sua musica ha un grande interesse a livello dei colori che evoca, che fa immaginare», spiega la 39enne pianista cinese. «Ogni nota di Debussy dà l’impressione che lasci il suo suono sospeso nell’aria. Se ne eseguono altre subito dopo, ma è come se ognuna lasciasse un alone, quasi un retrogusto, come quando si beve il tè e poi ne rimane il sapore sul palato. Ecco, la musica di Debussy ha questo di particolare: lascia assaporare a lungo il gusto di ogni nota». Sa Chen si mise in mostra giovanissima vincendo — aveva appena 15 anni — il concorso pianistico più importante del suo Paese; e a 21 anni si rivelò in Europa col concorso Chopin: «È il mio autore preferito, ma Debussy è il compositore che sento più affine; non so esattamente il motivo, forse perché adotta la scala pentatonica usata anche in Cina, e quindi in qualche modo adotta nelle sue opere una grammatica musicale cinese».