Gori, strascichi della campagna in Consiglio
«Tornare a fare il sindaco, dopo una sconfitta cocente, è un ripiego». L’opposizione chiede spiegazioni in Consiglio comunale a Giorgio Gori, dopo la sua decisione di rimanere a Palazzo Frizzoni e di dimettersi da consigliere regionale di minoranza. Dopo i toni carichi dell’azzurro Gianfranco Ceci, che accusa Gori di «superbia» e gli nega l’onore delle armi, il primo cittadino replica senza insistere in polemiche. «Ho ritenuto prioritario l’impegno con i cittadini di Bergamo — risponde —. Con sincerità, sono più portato al compito che assolvo da quattro anni che non alla testimonianza, importantissima in democrazia, che compete alle minoranze. Il mio rinnovato impegno prosegue con più attenzione ed energia». A nome del centrodestra, Franco Tentorio gli rinfaccia la mancata «ubiquità» dei mesi di campagna e di non aver onorato «l’impegno con un milione e mezzo di elettori che l’hanno votato, ripetendo su un fronte diverso una scelta non leale». Quindi chiede semiserio a Gori, in caso di un «non impossibile» ritorno alle urne, di astenersi da candidature. Passa all’unanimità la vendita di azioni A2a, fino a un massimo di 3 milioni di euro, come l’emendamento del Pd per conservarne una, simbolica, di Ubi Banca. Il Consiglio vota pure la cittadinanza onoraria ad Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, fra le polemiche della Lega (contraria assieme a FdI) che gli contesta alcuni recenti commenti al voto, definito (a torto secondo i lumbard) «di pancia». (m.ca.)