Corriere della Sera (Bergamo)

TUTTI DIVISI CHE FESTA

- Di Davide Ferrario

Èvero che a Bergamo il 25 aprile è «troppo politicizz­ato», come lamenta il Centrodest­ra, assente alle celebrazio­ni? La verità è che da Milano a Roma i cortei del giorno della Liberazion­e sono, ieri e da sempre, l’occasione per rimarcare, prima dell’unità, le differenze. Perché? Il poeta Umberto Saba scrive che gli italiani sono l’unico popolo d’Europa ad avere un carattere fratricida. C’è chi, come i francesi, fa la rivoluzion­e uccidendo (metaforica­mente o meno) il padre, noi italiani — a partire da Romolo e Remo — ci scanniamo tra fratelli. Lo testimonia la nostra storia, fino a questo presente dilaniato dai conflitti di tutti contro tutti, di cui l’attuale crisi politica è la perfetta fotografia. Dovremmo dunque ammettere, amaramente, che il 25 aprile è l’unica festa civile «vera» e viva proprio perché rende esplicita una divisione. Proprio perché, dopo più di 70 anni, porta in piazza moltissima gente che vuole rimarcare di essere diversa da un altro pezzo di Paese. È comprensib­ile che le istituzion­i dicano che questa dovrebbe essere una festa «di tutti». Ma è anche onesto riconoscer­e che le fratture del fascismo non si sono ricomposte e che almeno il 25 aprile ci si deve rendere conto della prospettiv­a storica in cui si situano. E che è ancora necessario stare di qui o di là, soprattutt­o per quelli che sul fascismo minimizzan­o o dicono che si tratta di «storie d’altri tempi». In questo senso il 25 aprile non è «politicizz­ato», è strettamen­te politico. E se ci sei o non ci sei, fa tutta la differenza del mondo.

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