VIVA I FIORI (MA VERI)
Sarà che quando penso ai fiori non mi esce dalla zucca l’Infiorata di Spello, o quella di Genzano, con tanto di feroce derby tra loro per stabilire quale sia la più incantevole. Sarà che anche limitandoci alla spontanea creatività della natura lo spettacolo della piana di Castelluccio mi aiuta a prendere sonno come un bebè. Sarà per l’insieme di tutto questo che l’idea di Bergamo città in fiore, lanciata dai commercianti, mi lascia molto favorevole e molto perplesso. Favorevole, perché in teoria infiorare il grigiore congenito delle città è nobile e poetico, soprattutto in zone dove solitamente fioriscono solo capannoni e orrori commerciali. Ma anche molto perplesso, senza offesa per nessuno: questi fiorelloni di plastica appesi ai fili non riescono a trasmettere niente di lieto e di artistico. Basta una sola margherita vera per superare in bellezza l’intero ambaradan artificiale. La vedo come una forzatura innaturale, finta, in definitiva parecchio alienante. È la dimostrazione involontaria che noi orobici, per indole e cultura, non abbiamo vera familiarità con il pianeta floreale. Così, i nostri tentativi si rivelano persino patetici. Come i capitelli corinzi nelle villette a schiera. In fondo, senza arrivare alle Infiorate di Spello e di Genzano, per cambiare la faccia triste della città basterebbero i gerani alle finestre, come a Merano e a Dobbiaco. Ma questo non ci passa nemmeno per la testa. Sempre viva i cartonati, che non sono da bagnare e da zappettare. Fastidi evitati. In estetica, è il massimo che ci possiamo permettere.