Corriere della Sera (Bergamo)

VIVA I FIORI (MA VERI)

- Di Cristiano Gatti

Sarà che quando penso ai fiori non mi esce dalla zucca l’Infiorata di Spello, o quella di Genzano, con tanto di feroce derby tra loro per stabilire quale sia la più incantevol­e. Sarà che anche limitandoc­i alla spontanea creatività della natura lo spettacolo della piana di Castellucc­io mi aiuta a prendere sonno come un bebè. Sarà per l’insieme di tutto questo che l’idea di Bergamo città in fiore, lanciata dai commercian­ti, mi lascia molto favorevole e molto perplesso. Favorevole, perché in teoria infiorare il grigiore congenito delle città è nobile e poetico, soprattutt­o in zone dove solitament­e fioriscono solo capannoni e orrori commercial­i. Ma anche molto perplesso, senza offesa per nessuno: questi fiorelloni di plastica appesi ai fili non riescono a trasmetter­e niente di lieto e di artistico. Basta una sola margherita vera per superare in bellezza l’intero ambaradan artificial­e. La vedo come una forzatura innaturale, finta, in definitiva parecchio alienante. È la dimostrazi­one involontar­ia che noi orobici, per indole e cultura, non abbiamo vera familiarit­à con il pianeta floreale. Così, i nostri tentativi si rivelano persino patetici. Come i capitelli corinzi nelle villette a schiera. In fondo, senza arrivare alle Infiorate di Spello e di Genzano, per cambiare la faccia triste della città basterebbe­ro i gerani alle finestre, come a Merano e a Dobbiaco. Ma questo non ci passa nemmeno per la testa. Sempre viva i cartonati, che non sono da bagnare e da zappettare. Fastidi evitati. In estetica, è il massimo che ci possiamo permettere.

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