Corriere della Sera (Bergamo)

La morte di Ester, il dolore di Bossetti

Oggi andrà al funerale della madre. Lei non saltava mai la visita mensile in carcere

- Giuliana Ubbiali gubbiali@corriere.it

La notte in lutto, la corsa contro il tempo con un giorno festivo davanti per avere il permesso di andare al funerale. Massimo Bossetti era molto provato, ieri mattina. Dopo il padre, nel 2015, ha perso la madre Ester Arzuffi. Potrà andare al funerale, stamattina, a Mozzo. Non si aspettava che la mamma se ne andasse così in fretta. Era andata in ospedale per dei controlli, venti giorni fa, ma il male si era già diffuso. Ogni mese non si perdeva il colloquio in carcere con il figlio.

Massimo Bossetti c’era già passato una volta. Il 25 dicembre del 2015 morì suo padre Giovanni Bossetti, a 73 anni. Il carpentier­e di Mapello era in carcere da 557 giorni, per l’omicidio di Yara Gambirasio, ed era a processo davanti alla Corte d’Assise di Bergamo. Non fece in tempo a salutare il padre in ospedale prima che se ne andasse. Ottenne il permesso per fargli visita alla camera ardente all’hospice, da cui uscì con il volto gonfio per il pianto, e di partecipar­e ai funerali, a Terno d’Isola, dribblando fotografi e cameramen protetto da un muro di agenti della polizia penitenzia­ria.

Ora, stesso dolore e stessa tragedia familiare. Stavolta se n’è andata la mamma, Ester Arzuffi, a 71 anni. Stamattina, Bossetti uscirà dal carcere per andare al funerale, a Mozzo. È dietro le sbarre da 1.415 giorni. Il 17 luglio dello scorso anno la Corte d’assise d’appello (che ha firmato il permesso di uscita) ha confermato l’ergastolo e il 12 ottobre prossimo deciderà la Cassazione.

Non c’era motivo per negare a Bossetti la possibilit­à di partecipar­e ai funerali, gli era stato già concesso per quelli del padre, mentre il processo era in pieno svolgiment­o. Ma ottenerlo è stato una corsa contro il tempo, tenuto conto che servivano i documenti per giustifica­re l’uscita da via Gleno con la scorta e che il 1° maggio, oggi, è un giorno festivo e gli uffici giudiziari sono chiusi. Bossetti temeva di non farcela così come aveva avuto paura di non riuscire a salutare la madre, al policlinic­o di Ponte San Pietro.

Ester Arzuffi era andata in ospedale per dei controlli. Non stava bene, ma non immaginava di avere un male incurabile. L’ha scoperto in quel momento, quando ormai il tumore si era diffuso. È stata ricoverata e dal letto dell’ospedale il 18 aprile ha chiesto all’avvocato Claudio Salvagni, che difende suo figlio con il collega Paolo Camporini, di fare di tutto per portarle «Massimo». Servivano i permessi, sono arrivati. Bossetti è riuscito a vederla e a parlarle, un’ora e mezza insieme per due volte. La terza, venerdì, è rimasto più a lungo perché la mamma ormai si era aggravata. «Non me l’aspettavo», si è sfogato in queste ore con chi gli è stato vicino. È accaduto tutto troppo in fretta. Ieri mattina, dopo la prima notte di lutto nella cella che condivide con un altro detenuto, era molto provato. Il legame con la madre era fortissimo. Più della verità della genetica secondo la quale Giovanni Bossetti è l’uomo che l’ha cresciuto ma il padre naturale è l’autista di Gorno Giuseppe Guerinoni, morto nel 1999.

Ester Arzuffi non si era mai persa la visita mensile in carcere. Ci andava con Laura Letizia, gemella di Massimo. Il terzo figlio, Fabio, ha cinque anni in meno di loro. Bossetti ha sei colloqui al mese a disposizio­ne. Cinque, era l’accordo in famiglia, erano per la moglie Marita Comi e i tre figli, un maschio e due femmine. Ester Arzuffi era la madre che ha sempre creduto al figlio. Era lei, al tavolino della sala colloqui di via Gleno, che prima delle sentenze gli diceva di sperare.

L’ultimo incontro Bossetti è andato in ospedale dalla mamma tre volte, venerdì scorso era già in coma

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Ester Arzuffi con la figlia Laura Letizia Bossetti
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In tribunale Ester Arzuffi al processo d’appello del figlio Massimo Bossetti (sopra) insieme alla figlia Laura Letizia. Il giorno della sentenza ha atteso il verdetto per 15 ore, ha abbracciat­o il figlio ed è scoppiata a piangere

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