Il pianista in concerto al Creberg «In omaggio al ritmo brasileiro»
Stefano Bollani «pianista dei due mondi»: dal «Mediterraneo», album del 2017, approda alle «Galapagos», titolo del brano inedito lanciato in anteprima per presentare «Que Bom», nuovo disco in uscita il 25 maggio. All’idea di essere pianista dei due mondi sorride. «Se sono solo due sì, altrimenti faccio anche quello di cinque o sei mondi. L’universo è talmente grande che pensare che ci sia solo quello di noi umani è bizzarro».
Da esploratore di universi sonori Bollani, atteso venerdì al Creberg per Piano solo, non avrebbe né spirito alla Cristoforo Colombo né alla Garibaldi, «sono troppo chiacchierati — dice —. Starei più nell’ombra, se devo scoprire qualcosa la terrei per me». Se dovesse paragonarsi a un personaggio storico o letterario pensa ad Alobar, tra i protagonisti di «Profumo di Jitterbug» scritto da Tom Robbins. Sceglierebbe di personificarlo perché «è immortale. Colombo e Garibaldi mi sembrano un po’ fiacchi», ironizza. Quindi niente camicia rossa per il concerto di venerdì, ma del resto Bollani è uno di quello che improvvisa. E magari tra un pezzo di repertorio e uno richiesto dal pubblico eseguirà qualcosa dell’album in uscita. Forse sì o forse no, meglio non anticipare troppo. Ma qualcosa del nuovo lavoro dice. Dopo Carioca, uscito nel 2007, torna al Brasile, una nota costante nei suoi dischi, perché «è un grande amore, che va avanti da sempre — ammette —. Avevo poi voglia di tornare là a incidere, suonare con il mio gruppo (al suo fianco Jorge Helder al contrabbasso, Jurim Moreira alla batteria, Armando Marçal e Thiago da Serrinha alle percussioni, ndr) e portarlo in Europa per un tour estivo».
L’anima del disco «Que Bom», ossia Che bello, sarà brasileira, piena di percussioni, in devozione al fascino della musica brasiliana e alla loro lingua musicale. In anteprima la canzone «Galapagos», citazione letteraria all’omonimo libro di fantascienza di Kurt Vonnegut del 1985. «Lo riprendo perché è un romanzo meraviglioso, non più in commercio e difficile da recuperare. L’autore mette il narratore milioni di anni avanti a noi e ci racconta la fine della terra. Senza inventare nuovi mondi, ma solo calandosi nel futuro del nostro, Vonnegut racconta cose di noi molto buffe».
Nell’essere divertente e irriverente verso la cultura mainstream il pianista si riconosce, non a caso è cresciuto con compagni di gioco quali Charlie Brown e Mafalda. Stefano Bollani è come un jukebox, come si ascolta in Mediterraneo e nei bis finali dei suoi concerti, dove improvvisa medley seguendo la scaletta suggerita dal pubblico. Lui è uno così, di quelli che è colpito dai brani più che dagli autori. Ma se deve scegliere un compositore cita Nino Rota. «Verso di lui provo un debole — dice —. È elegante e raffinato. È come stare su un cuscino comodo, fatto bene».
Se Rota scrisse le colonne sonore di Fellini, Bollani vorrebbe lavorare con il regista danese Anders Thomas Jensen, che alterna il registro drammatico al comico. Come si ascolta in Bollani, a cui chiedendogli cosa cerca e trova nella musica, dice: «Trovo quello che cerco: l’armonia, il mio filtro per intravedere il mondo».
Compositore «Ho un debole per Rota Elegante e raffinato, è come stare su un cuscino comodo»