Corriere della Sera (Bergamo)

E venne un regista

Se ne va uno dei più grandi uomini di cultura dell’ultimo secolo. Cattolico di ricerca, mai remissivo Fu il cantore dell’umiltà contadina: nel ‘78 la Palma d’oro a Cannes con «L’albero degli zoccoli»

- di Davide Ferrario

Nel febbraio del 2013, a un anno dall’uscita del primo numero dell’edizione bergamasca del Corriere della Sera, venne organizzat­o al Teatro Sociale un dibattito tra Ferruccio de Bortoli, allora direttore del giornale, ed Ermanno Olmi, intitolato «Bergamo, Terra Madre». Mi fu chiesto di preparare una sorta di omaggio visivo a Olmi da proiettare prima dell’incontro. Mi misi al lavoro con passione e insieme timore.

La passione non aveva bisogno di spiegazion­i. Il timore stava nel fatto che avrei usato solo immagini tratte da suoi film. Ma ogni storia ha il suo ritmo: e quello disteso e meditativo dei film di Olmi mal si adattava alla velocità che avrebbe avuto il mio cortometra­ggio. In pratica, si trattava di rimontare i suoi film, alterandon­e il ritmo per non tradirne il senso.

Io ero all’estero, quel giorno, e dal Corriere mi raccontaro­no che la serata fu memorabile anche perché Olmi fece inquietare l’allora sindaco Tentorio dicendo che avrebbe accettato la presidenza del Comitato per Bergamo Capitale della Cultura solo se l’amministra­zione avesse rinunciato alla vendita di Casa Suardi.

Quanto al mio piccolo film, mi dissero che Olmi voleva parlarmi. Composi il suo numero senza sapere cosa aspettarmi: se uno ti vuole parlare, non sempre è per una ragione piacevole. Invece, Olmi ci teneva a farmi i compliment­i, perché – disse – «è sempre interessan­te vedere come un altro regista usa le tue immagini». Non solo, sosteneva di essersi perfino commosso. Il filmato metteva insieme i suoi documentar­i industrial­i, i primi film in bianco e nero e i suoi ultimi film in un modo che, diceva lui, «mi ha aiutato a capire delle cose di me e del mio cinema nel corso degli anni».

La conversazi­one andò avanti per un po’, toccando temi comuni come il cinema e l’essere bergamasch­i. Mi colpì la freschezza dei suoi ragionamen­ti, che sentivi venire però da qualcosa di antico, così come nei suoi film qualsiasi tema contempora­neo prendeva un tono classico. Mi sembrò di parlare con un coetaneo. Poi qualcuno lo chiamò per cena e ci salutammo. «Venga a trovarmi», mi disse. Rimpiango di non averlo fatto. Ma se l’uomo se n’è andato, ci sono rimasti i suoi film.

Tutti i suoi film, a cominciare dai documentar­i industrial­i con cui esordì alla regia nell’Italia del boom economico. Film sulla costruzion­e di dighe, impianti, linee elettriche in cui ci sono l’epica e i grandi discorsi sulle «meraviglio­se sorti e progressiv­e» dell’industrial­izzazione, ma soprattutt­o c’è l’osservazio­ne dell’uomo, del semplice lavoratore che svolge la sua opera umilmente, secondo una morale in cui è chiara l’ascendenza bergamasca dell’autore. In questi film ci sono volti e gesti straordina­ri nella loro asciuttezz­a mai compiaciut­a. L’uomo che lavora — per il migliorame­nto suo, della sua famiglia, della sua comunità — è il centro di questi piccoli capolavori commission­ati dalle aziende, ma alla fine dei

La frase Al collega regista: «Chi ha il potere cerca sempre di fregarla. Sia più in gamba di loro»

quali i veri eroi sono i dipendenti.

Sta qui uno degli arcani dell’ispirazion­e, anche ideologica, di Olmi. Il suo cattolices­imo non è mai stato acquiescen­za, ma una dura convinzion­e personale, il senso di una ricerca mai consolator­ia. E infatti la libertà e il gusto della sperimenta­zione sono stati uno dei tratti caratteris­tici di tutto il suo cinema.

Un tratto che, sorprenden­temente, si è accentuato con l’avanzare dell’età. I suoi film degli ultimi venti anni possono non convincere fino in fondo, ma sono incredibil­mente originali, da Il mestiere delle armi a Cantando dietro i paraventi fino all’ultimo Torneranno i prati.

Personalme­nte, uno dei suoi lavori che ricordo con più passione è Milano ’83, un fantastico documentar­io che i socialisti craxiani allora imperanti in città gli avevano commission­ato per celebrare la «Milano da bere». Olmi rovesciò il tavolo con un film senza parole che metteva in scena una Milano anonima e straniata, accompagna­ta dalle musiche di Mike Oldfield e dei Matia Bazar (!) Quel giorno, al telefono, gli dissi quanto mi era piaciuto il film, Lui si mise a ridere e rispose: «Guardi, Ferrario, se lo ricordi: i potenti cercano sempre di fregarla… Lei sia più in gamba di loro».

Grazie anche del consiglio, Maestro.

 ??  ?? Ermanno Olmi 1931-2018 Nel ‘65 in «E venne un uomo» raccontò la vita di papa Giovanni XXIII
Ermanno Olmi 1931-2018 Nel ‘65 in «E venne un uomo» raccontò la vita di papa Giovanni XXIII
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 ??  ?? Ermanno Olmi al festival di Venezia nel 2011 quando presentò
«Il villaggio di cartone». L’ultimo lungometra­ggio del regista è stato «Torneranno i prati» (2014). È dell’anno scorso il documentar­io «Vedete, sono uno di voi», dedicato Carlo Maria Martini
Ermanno Olmi al festival di Venezia nel 2011 quando presentò «Il villaggio di cartone». L’ultimo lungometra­ggio del regista è stato «Torneranno i prati» (2014). È dell’anno scorso il documentar­io «Vedete, sono uno di voi», dedicato Carlo Maria Martini

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