Corriere della Sera (Bergamo)

Gli attori scovati al Cerreto «Tirava fuori il meglio»

La frazione di Treviglio epicentro del capolavoro Il giovane sposo del film: sul set come un padre

- Pietro Tosca

Un maestro assoluto del cinema vissuto da tutti come un semplice vicino di casa. La notizia della scomparsa di Ermanno Olmi ha lasciato il segno a Treviglio, la città dove il regista aveva passato l’infanzia, vivendo nella casa della nonna. L’immaginari­o dell’Albero degli zoccoli aveva preso forma qui, tra il Roccolo dove c’è la chiesina in cui il regista si è sposato, e Castel Cerreto, dove aveva trovato alcuni degli attori iconici del suo film capolavoro.

Al Cerreto è ancora a lavoro nel «New Pilly bar» Ernesta Fumagalli che si ricorda l’Olmi bambino. «Vivevamo nella stessa corte — racconta — in via Mazzini 8. Lui stava dalla nonna Bettina ed era il compagno di giochi di mio fratello maggiore Luciano. Quando non erano in cortile erano al Roccolo. Io ero molto più piccola, mi aveva soprannomi­nata la “ricciolina”». Un rapporto di amicizia che Olmi aveva continuato a coltivare: nelle ricorrenze non mancava mai di spedire a Ernesta e al marito Carlo Pilenga un biglietto d’auguri.

Proprio al Cerreto viveva il Batistì, al secolo Luigi Ornaghi, scomparso una decina di anni fa. Olmi lo vide per caso proprio al bar e lo volle per il ruolo. Nella frazione risiede ancora Franco Pilenga, che nel film interpretò il ruolo del giovane sposo. «Ero alla sala parrocchia­le — dice — allora c’era un piccolo gruppo di teatro e stavamo provando una recita. Arrivò Enrico Leoni con il regista. Io non sapevo neanche chi fosse Olmi, mi disse che cercava attori, mi fece alcune domande e una foto. Dopo 10 giorni mi mandò a chiamare. Per tutti era come un padre, prima di andare in scena ti chiamava e ti parlava a occhi chiusi per farti calare nel personaggi­o. Olmi amava la naturalezz­a. Per questo quell’inverno aspettava che nevicasse, ma non c’era verso, e alla fine fu obbligato a girare simulando la neve con del polistirol­o».

Proprio Enrico Leoni è il treviglies­e che è stato più vicino a Olmi durante la lavorazion­e del film. «Un giorno si presentò nel negozio di fotografia Cesni-Leoni — spiega — e chiese a mio padre se qualcuno gli poteva dare una mano. Mio padre, sapendo che ero appassiona­to di cinema, gli fece il mio nome. Mi prese come segretario di produzione. Mi trovai prima a organizzar­e le ricerche del cast. Feci un ciclostile che diffusi per oratori e parrocchie perché il regista veniva dal successo del film su Papa Giovanni XXIII. Poi iniziò la ricerca delle location e fummo costretti a spostarci verso Martinengo e Palosco per trovarle ma la scena del matrimonio volle poi farla a Treviglio in via Cavallotti, un atto d’amore verso la città». Leoni ricorda la vita sul set: «Quando iniziarono le riprese io prendevo l’auto e passavo a prendere gli attori. L’operatore era solo Olmi. Aveva rinunciato ai diritti e creato una cooperativ­a pur di realizzare il film, il budget era risicato e nelle pause pranzo si attaccava al telefono a gettoni del bar per chiedere che gli mandassero le pellicole. Dirigeva tutto con mano ferma ma con gli attori era dolcissimo: gli parlava un po’ in dialetto, un po’ in italiano. Loro aggiustava­no la battuta secondo il momento. Riusciva a tira fuori il meglio da tutti».

L’abbraccio più forte di Treviglio a Olmi fu nel 2003, con una grande festa e il conferimen­to della cittadinan­za onoraria. La ricorda ancora il presidente della Pro Loco Giorgio Zordan, ai tempi sindaco. «Ci fu una partecipaz­ione intensa — dice —. A Treviglio c’era molto entusiasmo, i cittadini lo considerav­ano uno di loro, in tanti avevano ricordi di prima mano e vennero a salutarlo. Lui rispondeva a tutti, molti li riconoscev­a». Proprio al ricordo del grande artista pensa ora il primo cittadino Juri Imeri: «L’Albero degli zoccoli — spiega — è la testimonia­nza e il racconto sempre attuale delle nostre radici. A Treviglio faremo memoria di Ermanno Olmi intitoland­o a lui un luogo particolar­mente simbolico della città».

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