La sorella di Bossetti e i reati simulati
Laura Letizia patteggia. Denunciò minacce e aggressioni dopo l’arresto del fratello
Denunciò minacce e aggressioni, ma nelle telecamere non ce n’è traccia. Per due episodi, Laura Letizia Bossetti ha patteggiato sedici mesi, pena sospesa, per simulazione di reato. Uno, ad agosto e l’altro a settembre 2014, due e tre mesi dopo il fermo del fratello Massimo Bossetti per l’omicidio di Yara Gambirasio. L’avvocato della donna ha parlato di «scelta più opportuna, dopo un lutto e un lungo processo » . Ad aprile è mancata la mamma Ester Arzuffi.
Ore 15.43 del 29 agosto 2014. Laura Letizia Bossetti telefonò alla mamma Ester Arzuffi, le raccontò che due uomini in scooter e uno in automobile l’avevano appena minacciata: «Ti faccio vedere io a te e a tuo fratello, ti ammazzo». Suo fratello gemello è Massimo Bossetti, 47 anni, condannato all’ergastolo in appello (il 12 ottobre la Cassazione) per l’omicidio di Yara Gambirasio. Mamma Ester se n’è andata il 29 aprile, un lutto recente. E ora Laura Letizia ha patteggiato sedici mesi, con la pena sospesa, per simulazione di reato. Oltre alle minacce, un’aggressione del 5 settembre successivo, a Terno d’Isola: episodi smentiti però dai video delle telecamere.
«Patteggiare — puntualizza il suo avvocato Benedetto Mar ia Bonomo — non è un’ammissione di colpa. È stata la scelta più opportuna, dal momento che la famiglia esce da un lutto recente e ha già affrontato un lungo processo. Dimostrare che i fatti siano avvenuti nel tratto non coperto dalla telecamere sarebbe stato complesso».
La sorella di Bossetti denunciò almeno cinque episodi. Sui due per cui ha patteggiato i carabinieri attivarono le verifiche nel corso delle indagini sul fratello, che era in carcere dal 16 giugno. La prima volta Laura Letizia Bossetti denunciò di essere stata avvicinata da due uomini su uno scooter grigio. Stava tornando dal piazzale del mercato verso la casa dei genitori, a Terno d’Isola. Li descrisse: snelli, alti 1 metro e 70, tra i 25 e i 30 anni. Dietro di loro, disse, c’era
Le telecamere
I filmati la smentirono: ripresero lei, ma nessuna auto o moto che lei denunciò
❞ C’è già stato un lungo processo, dimostrare che i fatti siano stati dove non ci sono telecamere sarebbe stato difficile
Benedetto Bonomo Difensore
una Fiat Panda colore nocciola. Dentro, uno slavo con un disegno rasato sulla testa. I carabinieri effettuarono un sopralluogo con la donna. Acquisirono i filmati delle telecamere che puntavano su via Olimpo, da cui la donna passò: ripresero lei, ma nessuna automobile né nessuno scooter.
La seconda volta, denunciò un’aggressione, sempre sulla via di casa, dopo essere uscita dalla parrucchiera. In via Olimpo, disse, fu avvicinata da due persone con un Suv Nissan di colore grigio. Indicò le prime due lettere e un numero di targa. Aprirono una portiera colpendola sul ginocchio destro e la afferrarono per un braccio cercando di farla salire. Robusti, sui 30-35 anni, con la carnagione olivastra, uno il pizzetto. Letizia Bossetti si fece refertare al pronto soccorso dell’ospedale di Ponte San Pietro, dove venne dimessa con una prognosi di 10 giorni: «Contusione ginocchio destro, contusioni escoriate avambraccio destro, trauma distorsivo caviglia». Anche in quel caso i carabinieri effettuarono un sopralluogo con lei. Acquisirono i filmati delle telecamere su via Olimpo. Ripresero la donna, un uomo con cui si fermò a parlare, nient’altro. All’incrocio con via Maratona, però, la strada è parzialmente coperta dagli alberi. Accadde ancora, denunciò lei. Nel garage della casa dei genitori, per esempio, il 17 settembre. Tre persone la presero a pugni e calci. Sull’addome e in volto. Lì le telecamere non c’erano.