«Minacce, ma non è razzismo»
Pontirolo, 8 mesi e libertà vigilata con «giustificazione»
L’imputato, motiva il giudice Massimiliano Magliacani, «non è un delinquente razzista, ma un soggetto bisognoso di assistenza». È Bruno Mossali, 62 anni, agricoltore di Pontirolo, che il 22 maggio 2015 imbraccia la carabina Flobert e la punta verso i suoi vicini, cittadinanza italiana e origine marocchina: «La prossima volta se passate di qua vi sparo, marocchini di m...». È una storia di difficile convivenza, in una casa di corte di via Gavazzi, sfociata nella denuncia per lesioni da parte dello stesso Mossali, ma il vicino è stato assolto. Così a processo c’è finito lui, che vive in un alloggio «lillipuziano e stipato di mobili», l’ha definito il giudice, che è stato condannato a otto mesi (pena sospesa revocata per tre precedenti; il pm ha chiesto un anno e mezzo) ed è stato sottoposto alla libertà vigilata per un anno perché, da perizia, è socialmente pericoloso. La perizia ha pesato sulla riduzione della condanna, ma anche l’atteggiamento del vicino definito «capo della banda» da un altro residente e che, parole del giudice, «non ha fatto nulla per evitare lo scontro». Il difensore Francesco Manaresi, nel chiedere l’assoluzione, ha parlato di «clima di paura e sopraffazione»: quella volta c’era buio, Mossali ha temuto per sé. Non secondo il legale di parte civile, Fabio Marongiu: quello dell’imputato è stato un «odioso atteggiamento con sfondi di razzismo e non accettazione del diverso».