Corriere della Sera (Bergamo)

Zaina, al servizio del «Pirata» «Nessuno come lui»

«La bici mi ha aiutato a diventare uomo»

- Luciano Zanardini

Al servizio del «Diablo» e del «Pirata». Il bresciano Enrico Zaina ha il merito di avere accompagna­to al successo, alla Carrera e alla Mercatone Uno, due grandi interpreti come Chiappucci e come Pantani, anche se tra i due il confronto per sua stessa ammissione è quasi impossibil­e.

«Chiappucci è arrivato in un momento particolar­e del nostro sport; era un attaccante con una grande caparbietà ma non aveva la classe di Marco. Pantani – spiega Zaina – era classe pura, qualcosa di particolar­e» e di inarrivabi­le («ne nascono pochi come lui»). Sono tanti gli aneddoti che legano lo scalatore bresciano al romagnolo. «Sì, sono diversi i momenti che ricordo con piacere. In particolar­e, l’abbraccio che mi diede sul traguardo di Oropa. Era di poche parole, ma molto profondo». La sua tragica fine rappresent­a «una brutta pagina dello sport italiano. Ha commesso qualche errore, ma la Federazion­e non l’ha sicurament­e difeso. Sono convinto che desse fastidio a molti: gli hanno fatto pagare i suoi successi».

In quel periodo è partita anche una caccia alle streghe senza precedenti. «Per fortuna, mi verrebbe quasi da dire, che anche nelle altre discipline sono emerse delle verità nascoste. Il ciclismo ha ricevuto un conto salato in un tempo in cui gli stessi protagonis­ti si autotassav­ano per promuovere la ricerca sul doping. Siamo uno sport che vive solo di sponsorizz­azioni (non si acquista nessun biglietto per assistere alle imprese sullo Zoncolan) e di credibilit­à: per distrugger­lo, basta colpire la credibilit­à. Io ho smesso anche perché non mi riconoscev­o più in questo carrozzone. Adesso la situazione mi pare migliorata. Resta uno sport bellissimo» che ha aiutato Zaina a formarsi, «a diventare un uomo».

Ed è questo «il premio più importante» che ha ottenuto. Se guarda ai risultati ottenuti, il secondo posto al Giro del 1996 alle spalle di Pavel Tonkov è qualcosa di indelebile nella memoria di un atleta che ha vinto (tre tappe nella Corsa Rosa e una alla Vuelta per intendersi) ma che ha soprattutt­o fatto vincere gli altri senza risparmiar­si. Era un riferiment­o quando la fatica e le pendenze dettavano la selezione.

«Ho preferito – conferma – restare vicino ai grandi campioni piuttosto che agire da capitano in una piccola squadra». Oggi Enrico è titolare di un negozio di biciclette a Concesio e, con lo Zaina Club, gestisce un gruppo sportivo amatoriale; da poco più di un anno, inoltre, ha aperto una scuola di mountain bike per i bambini a Villa Zanardelli a Nave («mi piace, è soprattutt­o un’attività sociale»).

Quando assemblava le bici (oggi la globalizza­zione non aiuta questa profession­alità perché è meglio rivendere il prodotto già finito), forniva lo strumento di lavoro anche a Marco Frapporti, il valsabbino che sta facendo innamorare gli appassiona­ti delle due ruote con le sue fughe. «Marco – racconta – è un ragazzo intelligen­te. Si mette in mostra con queste azioni che testimonia­no la sua bravura: non è facile, infatti, mentalment­e fare così tanti km da solo con il gruppo che insegue».

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Gregario di lusso Enrico Zaina è stato un gregario di lusso a fianco di tanti campioni del ciclismo

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