L’EREDITÀ DI PAPA GIOVANNI
Il dibattito fatica a emergere, ma c’è, e si diffonde tra i sacerdoti come un fiume carsico: che senso ha la peregrinatio dell’urna di papa Giovanni nella sua terra? Di sicuro riaccenderà la grande devozione popolare per un santo che ha saputo conquistare in vita il cuore degli uomini. Ma sarà anche in grado, è la domanda di qualche religioso, di risvegliare le coscienze dei credenti? Riuscirà a rimettere in gioco i valori del Concilio Vaticano II? Cioè quelli — banalizzando, ma per intenderci — di una Chiesa che si adopera per favorire l’incontro tra l’uomo e il Gesù dei Vangeli, che torna a dialogare con «gli uomini di buona volontà». Quella Chiesa che prima accoglie l’errante e poi guarda l’errore, quell’idea di Grande Tenerezza che prende l’uomo per quello che è, senza discriminare. La Chiesa amica, che mette le persone davanti alle loro biografie. Il Papa della Bontà è riuscito a diventare amico degli ebrei, degli ortodossi, degli islamici in Turchia. Vicino al mondo operaio e al mondo contadino. Agli ammalati e ai carcerati. Un’eredità immensa, ma allo stesso tempo semplice come quella «carezza ai vostri bambini» nell’epico discorso della luna.
I Papi sepolti in Vaticano non escono mai, se non in rare eccezioni. Perciò Bergamo ha una grande occasione. Non passa solo un’urna con il corpo, ben conservato (forse troppo), di un santo. C’è una terra che lo accoglie dopo anni e che si dovrebbe riconoscere in lui e nel suo messaggio, pietra angolare del nuovo corso di papa Francesco
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