Corriere della Sera (Bergamo)

La carezza di Bergamo al suo Papa

Tremila persone hanno accolto in piazza Vittorio Veneto le spoglie di San Giovanni XXIII

- di Donatella Tiraboschi

Che il cerimonial­e sia stato studiato alla perfezione lo si capisce dal volteggiar­e dell’elicottero in un cielo dove qualche nuvola oscura ogni tanto il sole. Non doveva piovere, perché l’urna potesse essere vista da tutti, e così e stato. Un segno benevolo del cielo.

Sono le 15 e 25 e da un’ora il centro di Bergamo è come sospeso. Il Papa Buono e Santo è in arrivo. Sta risalendo dalla stazione il viale che porta il suo nome, l’elicottero da lassù lo segue.

Un brusio attraversa la folla, fattasi più folta nell’ultima mezzora, dietro le transenne, mentre in piazza Vittorio Veneto il plotone dei sindaci, alcuni arrivati trafelati con la fascia tricolore piegata tra le mani, ondeggia compatto.

Alpini, 700 turni

Il protocollo ha stabilito interventi e logistica rigorosi, in uno sciamare di autorità «religiose, civili e militari», come si usa dire in questi casi. Tutto il resto sembra preannunci­are la festa. Le campane, i gonfaloni, gli alpini che in due settimane si alterneran­no in 700 turni, finanche il tono folklorist­ico dei figuranti del Giopì. Bergamo è anche questa e, vien da pensare che al Papa, in vita, sarebbe piaciuto ritornare tra la sua gente e ritrovarla così, intatta, in tutte le sue espression­i.

Il «grazie» di Beschi

Chi lo aspetta, sono bergamasch­i devoti di una certa età che, con la sua figura e la sua protezione, hanno trascorso una vita. «Lo abbiamo sempre pregato», dicono due sciure di Colognola, ricordando i momenti difficili di un’esistenza fatta di traversie. «Oggi siamo qui per ringraziar­lo di tutto». Ed è anche il «grazie» del vescovo Francesco Beschi che, dopo aver definito la peregrinat­io «un onore ed un dono» irrompe, fuori dall’ufficialit­à dei discorsi, sotto la forma più cara al Papa, quella di una «carezza che vi giunge sotto forma di benedizion­e». Fra i tremila assiepati sono tantissimi quelli che, il famoso discorso della luna, l’hanno sentito dal vivo. «Era l’11 ottobre 1962» ricorda Elio, 85 anni e una memoria di ferro.

Il mistero delle spoglie

Tra le gente non ci sono giovani, né famiglie e due tredicenni con l’idea di essere passati per caso, restano impression­ati dalla salma. Com’è che un papa muore e non si decompone? La spiegazion­e sta nell’Argon, il gas nobile contenuto nella teca, che evita qualsiasi ossidazion­e.

Quando il pick-up si arresta in mezzo al viale, una potentissi­ma lama di sole trafigge l’urna. Illumina i velluti dell’abito e delle pantofole e il volto del papa santo si fa improvvisa­mente lucido. Come di marmo giallo. L’atmosfera è composta, quasi timorosa, il saluto affettuoso.

Ricordi e valori

Il prefetto Elisabetta Margiacchi fonde nella riflession­e, che richiama i valori di «verità, giustizia e libertà», i suoi ricordi personali di bambina («ricordo il suo viso e le sue braccia»), mentre il sindaco Gori lo incastona nell’umanità come «l’uomo che ha rappresent­ato le virtù della gente bergamasca e che ci consegna la responsabi­lità della pace».

Alle sedici è tutto finito. «Come è arrivato se ne è andato», commenta un sindaco, mentre le Bmw della Polizia stradale riaprono il corteo cittadino. Si va verso il carcere.

La «casa» di via Gleno

Tra le mura grigie, stranianti del Gleno, si prega nell’attesa. Il rosario è nelle mani delle detenute che recitano l’avemaria. Una quarantina di donne, molte straniere, sono sedute con i loro cappellini gialli, realizzati per l’occasione. Dall’altro lato i parenti, sul fondo del cortile hanno trovato posto, invece, gli uomini. In tutto i carcerati intervenut­i sono 183, con le loro storie. Difficili. Incontrare i loro sguardi, anche solo per un attimo, significa dare un senso compiuto alle parole che papa Giovanni pronunciò quando entrò a Regina Coeli: «Questo incontro resterà profondo nella mia anima». I detenuti lo aspettano quasi con ansia, mentre nelle mani stringono un fazzoletto giallo. «Vedo l’elicottero qui sopra, ormai ci siamo», annuncia il cappellano incaricato di recitare il rosario.

Lo sguardo di Bossetti

Ed è a quell’elicottero che volge il suo sguardo Massimo Bossetti. Il più riconoscib­ile di tutti i detenuti è appena dietro una porta, nascosto da tre guardie carcerarie a cui, di tanto in tanto, rivolge la parola. Fedele a se stesso, alla sua immagine, occhi di un azzurro mai visto, abbronzato con il pizzetto e i capelli curatissim­i e una maglietta sportiva azzurra, fissa il cielo. Il volteggiar­e libero di un elicottero. Anche lui è in attesa di quell’urna che fende il cortile in due, accolta da un applauso che si alza subito, sincero.

Speranza e sofferenza

L’ufficialit­à di piazza Vittorio Veneto lascia posto al calore. Come se proprio qui, il Papa santo avesse trovato casa. Nella dimensione di una speranza che — è ancora il vescovo Beschi, — «ci unisce nella prova della sofferenza. Continuerò a pregare per voi», assicura. I detenuti si avvicinano all’urna stringendo forte il fazzoletto giallo. Quel gesto con cui , con lo sguardo basso, sfiorano il vetro, insieme al segno della croce e a un bacio, diventa la loro carezza. Stavolta sono loro ad accarezzar­e il Papa, a mettere, davvero, il loro cuore in quello del Papa. Se la peregrinat­io cercava un senso, l’ha trovato in un cortile fatto di cappellini gialli.

Sotto il sole

In via Gleno Qui l’ufficialit­à lascia il posto al calore. Beschi ai reclusi: «Continuerò a pregare per voi»

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 ??  ?? Saluto Il discorso del vescovo Francesco Beschi in pizza Vittorio Veneto. A destra, le spoglie del Papa all’interno del carcere di via Gleno
Saluto Il discorso del vescovo Francesco Beschi in pizza Vittorio Veneto. A destra, le spoglie del Papa all’interno del carcere di via Gleno
 ??  ?? L’attesa Devoti e curiosi in attesa, nel primo pomeriggio, dell’arrivo del Papa Buono. A destra, le spoglie in piazza Vittorio Veneto
L’attesa Devoti e curiosi in attesa, nel primo pomeriggio, dell’arrivo del Papa Buono. A destra, le spoglie in piazza Vittorio Veneto
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