IL FACILE PRELIEVO
Èdifficile pensare a una coincidenza se quattro inchieste, nel giro di un anno e mezzo, fanno emergere uno strumento comune ai diversi indagati: l’utilizzo dei conti correnti postali, e in particolare delle prepagate Postepay, per i prelievi di contanti frutto di false fatture. E non è certo un caso che il procuratore della Repubblica Walter Mapelli abbia voluto stigmatizzare il fenomeno con una presa di posizione pubblica. Le Poste, dal canto loro, gettano acqua sul fuoco, elencando i numeri delle loro Sos (Segnalazioni di operazioni sospette, anti riciclaggio) nell’ultimo anno e mezzo. Ma il fenomeno appare piuttosto chiaro e sembra dipendere da due fattori: da un lato una propensione alle segnalazioni ancora non adeguata, secondo il procuratore, dall’altro una presenza radicata degli uffici postali sul territorio, accompagnata da una facilità di attivazione di certi strumenti da parte degli indagati. Bastano una carta d’identità, il codice fiscale e 10 minuti di pazienza agli sportelli per avere una Postepay attiva, con tutte le funzioni di un conto corrente. «Sono maglie un po’ troppo larghe» secondo alcuni investigatori della Finanza. Di certo impressiona che determinati meccanismi di riciclaggio sfruttino un servizio bancario che è nato per scelta dello Stato
(le Poste sono tuttora controllate indirettamente dal ministero delle Finanze). E forse non guasta che la giustizia non si limiti a perseguire ma talvolta anche a evidenziare punti di criticità su cui si potrebbe intervenire. Per prevenire.