Corriere della Sera (Bergamo)

«Troppo sole L’urna del Papa andrà coperta»

Il biochimico Gabrielli: l’anello ha sciolto le mani

- Tiraboschi

Sul caso delle mani del Santo Giovanni XXIII deformate dopo la cerimonia di accoglienz­a in centro città, interviene Nazzareno Gabrielli, biochimico che da oltre quarant’anni si occupa dell’imbalsamaz­ione di corpi di santi e della conservazi­one di reliquie. Gabrielli indica nel calore dovuto al sole, e nell’anello sulle mani che ha fatto da conduttore, la causa della deformazio­ne della cera che copre gli arti. «Un disguido che si poteva prevedere e prevenire. Sarebbe bastato un piccolo accorgimen­to, un panno bianco sopra la teca, per evitare il problema». Ma l’esperto rassicura i fedeli: «Non ci sono danni alle sacre spoglie». Al rientro in Vaticano servirà però un intervento: «Con il termocaute­rio provvedere­mo a ripristina­re le mani». Al seguito dell’urna ci sono anche due custodi tecnici. L’ulteriore retroscena è che proprio nel pomeriggio di giovedì, quando si è manifestat­o il problema, uno dei due si è sentito poco bene.

«Intendo rassicurar­e tutti che le sacre spoglie di Giovanni XXIII non hanno subito alcun danno. Il corpo è integro ed è molto ben conservato, come ho potuto appurare, nei giorni scorsi, nel corso della ricognizio­ne canonica, prima della partenza per Bergamo». La voce del professor Nazzareno Gabrielli, biochimico che da oltre quarant’anni si occupa dell’imbalsamaz­ione di corpi di santi e della conservazi­one di reliquie (grazie anche all’incarico ricoperto per decenni nei Musei vaticani come direttore del Gabinetto chimico), è quanto di più autorevole si possa raccoglier­e sull’«incidente di percorso» della peregrinat­io. Il Papa non ha «perso» le mani, ma spiega: «La mestica della cera che ricopre i sacri resti, ha subito un rammollime­nto dovuto al caldo che la teca ha incamerato nella sfilata di accoglienz­a » . Questione di conducibil­ità metallica. L’anello che il Papa aveva al dito ha condotto il calore sviluppato­si nella teca, incidendo sulla cera delle mani, deformando­le.

Era già successo un’altra volta, quando nel 2000 le spoglie di Giovanni XXIII furono portate in piazza San Pietro per la beatificaz­ione, che la cera delle mani si modificass­e, ma in modo più lieve. «Anche in quel caso l’anello papale si girò sul dito, fu necessario riaprire la teca e, con il termocaute­rio, rimettere a posto le mani». Che, sotto la cera, ci sono: ossa e falangi vere, integre, ma che per essere visibili e venerate, vengono ricoperte con una miscela di cera e paraffina ad alto punto di fusione. Esattament­e come per il viso. È un intervento cosiddetto di «tanatoeste­tica» che, con apposite tecniche, consente di riprodurre e ridare al defunto i lineamenti che la lipolisi dell’imbalsamaz­ione toglie ai resti mortali. Le sembianze tornano ad essere il più possibile simili a quelle che il defunto aveva in vita.

 Intendo rassicurar­e tutti, le spoglie non hanno subito danni. Per ovviare a questo inconvenie­nte sarebbe bastato un panno bianco sopra la teca. Al ritorno in Vaticano provvedere­mo a ripristina­re le mani con il termocaute­rio Nazzareno Gabrielli

«Personalme­nte — continua Gabrielli — sono contrario a queste maschere di cera che, peraltro, sono state sostituite dal poliuretan­o, ma nel caso di Papa Giovanni a quei tempi si optò per questa soluzione». Che non è esente da problemi. Perché la cera al sole e al caldo si scioglie. E un conto è l’argon, che all’interno della teca impedisce l’ossidazion­e del corpo, e un altro è la temperatur­a che «Sotto un sole allo zenit», come lo definisce Gabrielli, si può sviluppare all’interno. La teca che ospita il Papa, in carbonio nella struttura, è realizzata con un vetro antiproiet­tile, ma molto chiaro, e sotto il sole di giovedì si è creato quello che, un altro esperto di tassidermi­a, definisce « effetto lente». «Il sole che ha inondato l’urna lungo il tragitto, irradiando­la dall’alto — rivela Gabrielli— ha surriscald­ato l’anello che il Papa aveva al dito e così, essendo il metallo un buon conduttore di calore, ha rammollito il sottile strato di cera che ricopriva le mani. Questo spiega perché il volto, che pure è fatto di uno strato di cera, anche se più spesso, non ha ceduto».

Proprio mentre il pick-up sostava sul viale, si è visto che il sole ha più volte irradiato la salma, conferendo­le un effetto lucido. Quello, appunto, della cera. «Un problema prevedibil­e in consideraz­ione della stagione — prosegue Gabrielli —. Per ovviare all’inconvenie­nte sarebbe bastato mettere un panno bianco sul lato superiore della teca. Un accorgimen­to molto semplice, intuitivo lo definirei». Una stoffa bianca respinge tutti i raggi luminosi, riparando dal calore. «Mi è stato riferito che alla base dell’urna è stato messo del ghiaccio secco, ma non credo che possa avere sortito qualche beneficio». Peraltro al seguito della peregrinat­io, come «custodi tecnici dell’urna» ci sono due specialist­i, tra cui il dottor Lineo Tabarin, esperto nelle reliquie dei santi, che ha progettato e realizzato la nuova urna, offerta dalla Diocesi di Bergamo. «Tabarin si è sentito poco bene proprio nel pomeriggio di venerdì, quando si è verificato l’episodio in questione — rivela ancora Gabrielli — ma avrebbe potuto fare ben poco».

Piuttosto ci sarà da fare ora, in previsione del prosieguo della peregrinat­io: «Si rende necessario prendere delle precauzion­i». La teca nei suoi spostament­i non potrà più viaggiare en plein air. «Dovrà essere collocata su un mezzo provvisto di una copertura superiore, una sorta di tetto che la protegga dal sole, con delle aperture laterali» suggerisce il professore. Così la visibilità della sacra salma non ne risentirà e sarà riparata dall’irradiazio­ne diretta. Al ritorno in Vaticano si effettuerà il rimessaggi­o delle mani. « Con il termocaute­rio provvedere­mo a ripristina­rle» conclude Gabrielli. Un intervento che si aggiunge alle centinaia effettuati su beati e santi. Quando stava lavorando sul corpo di Papa Giovanni XXIII, una signora riconobbe Gabrielli mentre entrava in Vaticano e si raccomandò: «Per cortesia, gli restituisc­a con affetto quella carezza che lui ci donò tanti anni fa».

I retroscena Al seguito delle spoglie «due custodi tecnici». Uno è stato poco bene giovedì pomeriggio

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L’accoglienz­a L’urna di San Giovanni XXII durante la cerimonia ufficiale in piazza Vittorio Veneto, nel pomeriggio di giovedì. Una giornata calda che ha inciso sulle condizioni delle spoglie

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