«Non sia solo devozione Messaggio da riscoprire»
Le riflessioni sull’evento. Il parroco di Sotto il Monte: quell’urna è un conforto
«La devozione, i fazzoletti sull’urna, le carezze, non bastano, non può esserci solo devozione», dicono don Giuliano Zanchi e don James Organisti. Non manca il dibattito tra i sacerdoti e non solo, sul significato della peregrinatio.
Salutato da migliaia di fedeli, l’arrivo delle spoglie di papa Giovanni XXIII desta commozione e apre a qualche riflessione. Se, all’interno della Chiesa, c’è chi trova questa manifestazione «doverosa», altri si chiedono che cosa resti, o che cosa resterà, oltre i fazzoletti che accarezzano l’urna del santo.
« L’auspicio — dice don Giuliano Zanchi, segretario della Fondazione Bernareggi — è che questa visita riaccenda l’attenzione sul ruolo che quest’uomo ha avuto nella Chiesa, portandola, con il Concilio, a un cammino di rinnovamento e trasformazione culturale non ancora concluso». Sottolinea un possibile rischio: «Ci si impoverisce molto tutte le volte che si riduce papa Giovanni a un feticcio verso cui allungare la mano, dimenticandone la ricchezza spirituale e teologica».
È simile la riflessione di don James Organisti, docente all’università di Bergamo. «L’emozione fa parte della preghiera — dice — ma, senza nulla togliere all’importanza e al rispetto per i gesti di devozione, l’impressione è che in alcuni casi non si vada oltre. Papa Giovanni ha ridato al papato un volto pastorale e l’immensità del suo significato storico e culturale non va ridotta a un fazzoletto sfregato su un’urna». «La fede cristiana è fatta di corpo, gesti, fisicità — afferma don Claudio Dolcini, parroco di Sotto il Monte —. Nei sacramenti c’è acqua, pane, olio. Nelle preghiere ci sono candele accese. È di conforto andare a trovare una persona cara sepolta al cimitero, anche se quella persona non c’è più. Dunque, sì, quello del Papa è un corpo morto, ma toccare l’urna, per i fedeli, è un’espressione spontanea di affetto». Ricorda che, per quanto riguarda la parrocchia di Sotto il Monte, «abbiamo dedicato un percorso di catechesi a questo evento» e conclude dicendo che «tutto l’anno, 30 laici mettono a disposizione il loro tempo per fare da accompagnatori spirituali ai pellegrini, per non limitarsi a mostrare i luoghi, ma a raccontare il significato storico di chi li ha vissuti. Più di 100 mila visitatori vengono ogni anno al santuario».
Don Sergio Gamberoni risponde al telefono da Cochabamba, in Bolivia, dove è missionario. «Il mondo è in continuo cambiamento — esordisce —. Viaggia con criteri simbolici diversi rispetto al passato, e la presenza della salma a Bergamo può essere un momento di incontro o può suscitare indifferenza o anche ironia da parte di chi non ne ha così bisogno». Fa il paragone con la cultura boliviana, che conosce da vicino. «Il mondo latinoamericano è molto corporeo e forse una manifestazione del genere avrebbe un senso diverso in un contesto come questo».
In Bolivia la presenza di missionari bergamaschi è forte, tanto che il seminario di Potosì è dedicato a papa Giovanni. Proprio l’apertura verso l’esterno è stata un tratto saliente del pontificato di Giovanni XXIII, così come la carità e l’attenzione agli «ultimi».
Per don Fausto Resmini, presidente del Patronato San Vincenzo, «la presenza della salma a Bergamo era doverosa. Abbiamo bisogno di rivisitare il messaggio di papa Giovanni, che, se fosse qui oggi, sarebbe attento al mondo della strada, ai giovani, ai carcerati. Di fronte ai grandi fatti di cronaca, il mondo si allontana dal carcere, e lo dimentica».
Come attualizzare il messaggio di papa Giovanni e quali siano le sfide della Chiesa oggi. Se lo chiede anche un laico, il presidente dell’istituto di ricerca Ipsos Nando Pagnoncelli. Su un punto in particolare,
Don Giuliano Zanchi Questa visita riaccenda l’attenzione sul ruolo che quest’uomo ha avuto nella Chiesa
La presenza della salma era doverosa. Papa Giovanni, che oggi sarebbe attento al mondo della strada, ai giovani e ai carcerati Don Fausto Resmini
Don James Organisti Il suo significato storico e culturale non va ridotto a un fazzoletto sfregato su un’urna
La Chiesa è titolata a dare un impulso all’impegno politico dei cittadini, invitandoli a non essere spettatori. Le prove della modernità vanno affrontate Nando Pagnoncelli
il rapporto con la politica. «La Chiesa — dichiara — è titolata a dare un contributo e un impulso all’impegno politico dei cittadini. Naturalmente non fornendo indicazioni di partito, ma invitando a essere non spettatori, ma parte dello spettacolo». Cita inoltre «la necessità di affrontare le prove della modernità. Un segno positivo è stato l’attenzione al tema della sostenibilità ambientale da parte di papa Francesco, con l’enciclica Laudato si’». Sul rinnovamento interno alla Chiesa, «ricordo una ricerca realizzata alcuni anni fa sui bergamaschi e la fede. Una gran parte riteneva che la vera eredità di Papa Giovanni sia nei giovani sacerdoti che si occupano degli oratori, delle comunità giovanili».