IL PAPA DEL DIALOGO
Momenti di confronto e condivisione con islamici e membri di Hare Krishna
Continua ininterrotto il pellegrinaggio alle spoglie di Giovanni XXIII a Sotto il Monte. Centodiecimila i visitatori già arrivati specie dal Nord Italiaper sostare innanzi al Papa santo che le ultime due generazioni hanno conosciuto solo nei racconti in famiglia, sullo schermo, attraverso i libri.
Numeri a parte, nel paese-santuario, sino ad ora si è riscontrata una partecipazione massiccia sì, ma composta, senza isterie, anziani e giovani, sportivi e malati, gruppi, coppiette, famiglie... Dove si distinguono a fatica i devoti desiderosi di trattenersi di più in preghiera, lasciarsi guardare dal volto che fissano per istanti in cui il tempo si ferma, e laici, magari non praticanti, ma contenti di recare omaggio al Papa del Concilio e della pace.
Una compostezza che non ha impedito alla peregrinatio di diventare una festa di fede, anzi una «missione popolare».
Per rendersene conto basta gettare l’occhio agli spazi dove la gente si confessa, nelle chiese o sotto le tende; le colonne di chi fa la comunione; di chi segue le catechesi offerte «a oltranza» da vescovi e cardinali. Né sono mancati appuntamenti interreligiosi.
Martedì sera dopo una riflessione con protestanti e ortodossi e la messa per l’unità dei cristiani presieduta dal vescovo Maurizio Malvestiti, al Centro di accoglienza per stranieri richiedenti protezione internazionale del Pime (Pontificio istituto missioni estere), dopo un momento di dialogo c’è stata anche la condivisione con i musulmani, nella rottura del quotidiano digiuno per il Ramadan (del resto fu Giovanni XXIII a cancellare non solo l’espressione «perfidia ebraica», ma anche «perfidia maomettana»). E si sono visti pure membri del Movimento Hare Krishna.
Insomma nessuna esclusione: «La peregrinatio in terra bergamasca delle spoglie di questo Pontefice, tanto amato dal popolo, possa suscitare in tutti generosi propositi di bene», ha detto Francesco all’Angelus, domenica scorsa.
Certo l’amore verso il Papa della bontà resta un dato che coinvolge frange di popolo, ancor riconoscenti, a 55 anni dalla morte, per la sua tenerezza (la grande assente nei messaggeri del cristianesimo — osservava Heinrich Böll). E tuttavia occorrerà pure aprire più tardi un approfondimento su quanto accaduto, l’ attualizzazione di un rito così antico, questi flussi.
Implicita riscoperta della corporalità cancellata dalla realtà virtuale? Bisogno palese di inediti approcci nella valorizzazione dei santuari? O solo pietà popolare spontanea, consapevole che la vita terrena non ha l’ultima parola di fronte alle tribolazioni? Insomma cosa dice questo «corpo santo»?
Interessante l’editoriale di Davide Ferrario su queste pagine giorni fa. Una ripresa della critica iconoclasta laica rispetto alla relazione cultuale con le immagini e le reliquie del cattolicesimo, ma con l’aggiunta — me l’ha fatto notare Ruggero Eugeni — della vera questione: l’alleanza tecnologia-immagine cultuale (esisterà per esempio una reliquia digitale?).Inoltre resta sempre l’idea di icona e di simbolo come rimando alla vera presenza (e non come vera presenza in sé) già dibattito a Nicea?
Domande che poco si pongono quanti credono ad una presenza «viva», alla «comunione dei Santi». Già. Riapro le agende del Pontefice dove alle date 17 e 18 settembre ‘61 si scoprono riflessioni — stilate a Castelgandolfo — sul transito in terra bergamasca del Barbarigo: «Lo spirito era accompagnato dal pensiero che proprio stasera il corpo di San Gregorio Barbarigo da Bergamo passava a Sotto il Monte: per accogliere l’omaggio di quella parrocchia che egli aveva visitato come pastore diocesano nel maggio 1659, e da cui doveva nascere dopo 222 anni e precisamente il 1881 un bambino di umile familia che avrebbe avuto l’onore e la compiacenza, divenuto Pontefice, Giovanni XXIII, di elevarlo alla gloria della Canonizzazione». E il giorno dopo: «Le notizie di Bergamo e di Sotto il Monte, cioè: onoranze grandissime in Città Alta e Bassa, e nel viaggio [...] sino a Sotto il Monte [...] e accoglienze dei miei comparrocchiani mi fanno […] ripetere il Te Deum con intonazione eccezionale! Faxit Deus che tutto serva al buon progresso spirituale di tutti, di Bergamo, di casa mia, per il presente e per l’avvenire».
Occorrerà pure approfondire quanto accaduto, l’ attualizzazione di un rito così antico, questi flussi