Corriere della Sera (Bergamo)

LA LEGGE PARALLELA

- Di Riccardo Nisoli

Le carceri, per quanto aperte al territorio, sono sempre mondi a sé. Ma quelle di via Gleno, stando all’inchiesta della Procura che ha portato a 6 arresti e 21 persone sotto indagine, sembrano esserlo di più. Qui vigeva la legge del direttore Antonino Porcino, fresco di pensione, arrestato per corruzione, falso, peculato e turbativa d’asta, che profession­almente rispondeva a se stesso. Oltre a essere il responsabi­le della casa circondari­ale di Bergamo, è stato il reggente del Provvedito­rato regionale dell’amministra­zione penitenzia­ria in Lombardia. In virtù di questo faceva coincidere le figure del controllat­o e del controllor­e. Che è già un azzardo in un mondo perfetto, figuriamoc­i quando il controllor­e e il controllat­o mostrano una spiccata passione per il gioco, oltre a un modo spiccio di risolvere le cose. Non secondo legge, ma secondo la legge Porcino, che è un’altra cosa. Di questo «ordine» sui generis rischia ora di pagarne le conseguenz­e, sotto un profilo di incompatib­ilità ambientale, anche il procurator­e di Brescia Tommaso Buonanno, che in via Gleno andava in visita al figlio, arrestato per rapina. Nelle intercetta­zioni il magistrato chiedeva di poter stare un po’ di più con il figlio, che ne aveva manifestat­o il bisogno, come il regolament­o penitenzia­rio prevede («in particolar­i circostanz­e» anche più di un’ora). Il capo delle guardie diceva al sottoposto: «Noi registriam­o sempre un’ora». Il fine del procurator­e era nobile, la modalità delle guardie meno. Ma nell’ordinament­o di Porcino, la legge non era uguale per tutti.

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