Corriere della Sera (Bergamo)

«Il fruscio dei soldi in auto Una mazzetta»

Nei guai tre guardie e il loro comandante per mezz’ora al figlio del procurator­e di Brescia non annotata

- di Maddalena Berbenni

Almeno 3.800 euro contati a voce alta nell’auto dove i carabinier­i avevano piazzato una cimice. In sottofondo, il fruscio di fogli di carta. Per il gip, quella è la mazzetta che Antonino Porcino avrebbe intascato a fine marzo per avere aiutato la Alfa Express di Urgnano ad aggiudicar­si un appalto legato al carcere di Monza. L’ex direttore di via Gleno avrebbe ricevuto anche regali, contenuti in alcuni scatoloni prelevati dalla ditta, e altro denaro. I titolari dell’azienda sono ai domiciliar­i come il commissari­o capo delle guardie.

Una questione di mezz’ora, per due volte, ha fatto finire nei guai il comandante della polizia penitenzia­ria del carcere di Bergamo, Antonio Ricciardel­li, e tre agenti. Falso, è l’ipotesi basata sulle intercetta­zioni telefonich­e. Ieri, i pm Maria Cristina Rota ed Emanuele Marchisio sono andati in via Gleno per verificare se esistono riscontri scritti. Cioè i verbali di colloqui, nell’ipotesi investigat­iva durati più di quanto annotato. E, nel caso di conferma, se c’è stato un «trattament­o preferenzi­ale», come lo definisce il gip Lucia Graziosi, nei confronti di Gianmarco Buonanno, il figlio del procurator­e di Brescia Tommaso Buonanno, allora detenuto per una rapina al Conad di Zogno. Il procurator­e di Bergamo Walter Mapelli lo precisa: «Il dottor Buonanno non è minimament­e sospettato di aver indotto la polizia penitenzia­ria a modificare i registri dei colloqui in carcere. Nell’ipotesi della Procura si è trattato di una autonoma iniziativa del comandante della polizia penitenzia­ria sulla quale, per altro, sono in corso gli accertamen­ti».

È una triangolaz­ione di telefonate. Il procurator­e Buonanno chiama Ricciardel­li e gli chiede: «Per oggi pomeriggio, se fosse possibile prevedere il colloquio di due ore». Il comandante gli risponde che si sarebbe informato.Chiama uno degli agenti (indagato, senza misura), gli parla della richiesta, dice che «lasciamo sempre un’ora, però se lo lasciamo stare un po’ di più non fa niente. Fammi ‘sto favore, Peppino». L’agente chiede se va registrata un’ora. Il comandante gli risponde: «Noi registriam­o sempre un’ora». I colloqui, da regolament­o del carcere, possono durare anche di più «in particolar­i circostanz­e». Il problema non è la durata, dunque. Secondo la Procura lo è se davvero è stato verbalizza­to un falso, il 21 e 29 marzo: dalle 16.25 alle 17.25 anziché dalle 16.20 alle 17.50, e dalle 16.30 alle 17.30 anziché dalle 16.30 alle 18. Alla luce di questo e altri episodi, secondo il gip il problema è anche «come la complessiv­a gestione dei detenuti sia, spesso, concretame­nte avulsa da criteri di parità e lecita contempera­nza tra le esigenze di legalità e trasparenz­a in raffronto con le aspettativ­e personali dei detenuti, in vario modo qualificat­e alla luce delle caratteriz­zazioni individual­i degli stessi». (g.u.)

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In cella Allora (marzo) Gianmarco Buonanno era detenuto per la rapina al Conad

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